2015-09-12 14:35:00

Simposio della Biblioteca Vaticana su cristianesimo in Giappone


Si intitola “Sulle tracce del cristianesimo nel Giappone della prima età moderna: la Collezione Marega nella Biblioteca Vaticana e il suo valore per la collaborazione internazionale” il simposio di studi in programma oggi in Vaticano, presso la Sala san Pio X di via della Conciliazione. L’evento, preceduto ieri da una presentazione alla stampa nei locali della Biblioteca, è organizzato in collaborazione con il National Institute for the Humanities of Japan. Il servizio di Fabio Colagrande:

Approfondire la sistematica persecuzione e oppressione dei cristiani in Giappone dal 1615 al 1867, attraverso il riordino, l'esame e la digitalizzazione dei circa diecimila documenti raccolti nel '900 dal salesiano Mario Marega e oggi conservati presso la Biblioteca del Papa. E’ questo lo scopo del “Progetto Marega” che dal gennaio scorso vede collaborare la Biblioteca Vaticana con i principali enti governativi e culturali giapponesi. L'incontro odierno, al quale partecipano i maggiori specialisti giapponesi, è un'occasione per far conoscere al pubblico e al mondo accademico le "Carte Marega" e le prospettive di studio che si aprono da questa collaborazione culturale tra Vaticano e Giappone. Sul contenuto del fondo sentiamo Silvio Vita, docente dell’università per gli studi stranieri di Kyoto, tra i partecipanti al convegno:

R. – Si tratta di rapporti amministrativi che venivano inviati dai capi villaggio all’autorità del feudo locale. In questi documenti si registravano periodicamente la composizione delle famiglie e si verificava la presenza di cristiani o discendenti di cristiani, che dovevano essere tenuti sotto controllo per cinque generazioni in modo da far sì che non ci fosse nessuna attività propagandistica o missionaria.

D. – Quindi sono una testimonianza diretta di questa persecuzione sistematica e capillare …

R. – Sicuramente sì. Una testimonianza quantitativamente estremamente consistente, che permetterà di farci capire molte cose che noi conoscevamo o immaginavamo prima soltanto con singoli documenti, non con una messe sistematica di evidenza storica, focalizzata su un’area specifica.

D. – Ecco, siamo nel 1600: le autorità pubbliche giapponesi attuano una severa repressione sistematica del cristianesimo. Come si esplica, questa repressione?

R. – Innanzitutto, con l’espulsione dal Giappone dei missionari e il divieto di farvi rientro, pena la morte. E poi, con l’obbligo di abbandonare la fede cristiana da parte di chiunque e infine, con la creazione di un sistema di controllo che prevedeva una verifica annuale o bi-annuale attraverso la cerimonia dello “e-fumi”, cioè del calpestare una immagina sacra cristiana per verificare che la persona avesse effettivamente abbandonato la sua fede.

D.- Quali erano i motivi di questa persecuzione dei cristiani?

R. – Sono abbastanza evidenti due cose. La prima, è che tutti i rapporti di autorità in Giappone erano legati a promesse solenni o giuramenti che venivano fatti in nome degli dei e dei Buddha, quindi la religione shinto e buddista era strettamente legata al collante della struttura portante della società, da questo punto di vista. E l’altro è il contesto internazionale: cioè, i giapponesi avevano avuto notizia, soprattutto attraverso gli spagnoli, che spesso l’attività di evangelizzazione andava insieme alla conquista militare. E nel 1600 poi entrano i protestanti olandesi – in misura minore inglese – che rafforzano nelle autorità questa convinzione. Quindi, un problema di ordine interno e un problema di pericolo dall’esterno: la paura che il Giappone potesse essere in qualche modo conquistato.








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