2015-09-15 11:28:00

Ccee in Terra Santa: vicini a cristiani che soffrono


La Chiesa europea vive legami di grande solidarietà con le realtà eclesiali del Medio Oriente. Lo hanno ribadito i presidenti delle Conferenze Episcopali del Continente che stamattina a Gerusalemme si sono confrontati sulle prove che affrontano i cristiani in Terrasanta. Stamani, inoltre, una delegazione dei vescovi ha incontrato il presidente palestinese Mahmoud Abbas per ribadire la vicinanza della Chiesa a chi soffre e il desiderio di vedere la pace nel Medio Oriente. Il servizio del nostro inviato Fabrizio Mastrofini.

L’Europa possa farsi mediatrice di pace. Lo ha ribadito il Patriarca latino, mons. Fouad Twal, intervenendo stamattina alla sessione dedicata alla Terra Santa ed alla situazione dei cristiani. Una situazione con luci ed ombre, dove il grande impegno delle realtà ecclesiali locali non è più sufficiente a far fronte all’arrivo dei profughi dalla Siria e dall’Iraq. Il Patriarca ha citato anche le sfide sociali e pastorali portate dalla grande quantità di immigrati che da diversi Paesi dell’Asia si riversano in Israele alla ricerca di lavoro. “Questi migranti interpellano la coscienza”, ha ripetuto mons. Twal, chiedendo una maggiore solidarietà a livello di Chiese europee verso le Chiese del Medio Oriente. Si tratta di una missione precisa perché in Medio Oriente si trovano le radici di tutta la Chiesa universale ed in particolare della Chiesa in Europa, continente che è stato raggiunto dall’annuncio degli apostoli, primi seguaci di Gesù, e da qui l’annuncio si è propagato in tutto il mondo. Il dialogo nel nome della speranza deve essere il segno distintivo di chi evangelizza nel nome di Gesù, come conferma ai nostri microfoni mons. Mario Grech, vescovo di Gozo:

“Mi auguro, ci auguriamo che con il Vangelo nelle nostre mani noi possiamo incontrare l’uomo nelle difficoltà che sta vivendo e potremo anche intavolare questo dialogo. Incontrandoci con l’uomo che sta cercando, anche l’uomo credente o non credente o l’uomo battezzato che ha perso purtroppo la fede, la Chiesa può comunicare questa speranza. E sono lieto che a casa abbiamo tante persone – sacerdoti, religiosi e anche laici – che sono impegnati in questa che noi chiamiamo ‘nuova evangelizzazione’”.

Per la Terra Santa un aiuto concreto potrà venire dalla ripresa dei pellegrinaggi, calati di numero in maniera vistosa, in questi mesi, a causa della paura del terrorismo. Ma non è così, non ci deve essere questa paura. Lo conferma ai nostri microfoni padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa:

R. – Le Chiese del Medio Oriente e le Chiese d’Europa sono sempre state legate, storicamente, e oggi assistiamo a un mischiarsi di popolazioni, a un intrecciarsi di relazioni che è importante. Questo vale anche per le relazioni tra le Chiese. E’ importante che le Chiese di tutti i Paesi d’Europa vengano in Terra Santa a rendersi conto di come le radici della fede siano ancora qui e tangibili. E sostenere la piccola presenza cristiana qui, in Terra Santa e anche attingere dalla Terra Santa il patrimonio di relazioni e di presenza e di tradizione cristiana, che qui è un unicum.

D. – In questo senso, i pellegrinaggi quanto possono contare?

R. – I pellegrinaggi sono lo strumento concreto di questa corresponsabilità. Altrimenti, resta teoria. Il legame tra le diverse Chiese passa certamente attraverso la preghiera e la comunicazione, ma anche con i pellegrini che da tutto il mondo vengono qui, in Terra Santa, toccando i luoghi santi e toccando l’esperienza dei cristiani in Terra Santa fanno l’esperienza del Cristo vivente qui, in Terra Santa.








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