2015-09-17 11:22:00

Ebola: nuovo caso in Sierra Leone, l'impegno dei medici Cuamm


L’Ebola torna a fare paura in Sierra Leone. Dopo un nuovo caso di decesso registrato nel distretto di Bombali, a Nordest del Paese, le autorità sanitarie hanno annunciato di aver messo in quarantena il villaggio per impedire il diffondersi di una nuova epidemia. La vittima è una ragazza di 16 anni che, risultata positiva al test per il virus, è deceduta nella periferia rurale della città di Makeni, nella provincia di Bombali, dove, come riferito dalle autorità e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), non erano stati più segnalati casi di febbre emorragica da sei mesi. Intanto una cinquantina di persone sono state messe in quarantena nella provincia vicina di Kambia, dove è stato individuato un altro focolaio di contaminazione dopo la morte di una donna di 67 anni. Per un analisi della situazione, Maria Caterina Bombarda ha intervistato Matteo Bottecchia, coordinatore dei progetti di Medici con l'Africa Cuamm in Sierra Leone:

R. – Oltre a questo caso recente, ce n’è stato un secondo una decina di giorni prima. Quindi la cifra delle 700 persone in quarantena è inesatta, perché, attualmente, abbiamo 1733 persone in questo stato in due distretti del Paese. Dunque, sono due casi nuovi e inaspettati, uno dei quali ha già prodotto ulteriori contagi. Oggi abbiamo quattro persone malate di Ebola nei centri di trattamento del Paese.

D. – Quali sono le preoccupazioni principali in questo momento?

R. – La preoccupazione principale nasce dal fatto che sono dei casi inaspettati. Si sta ancora cercando di capire quale sia l’origine e quale sia stata la catena del contagio. Ci sono diverse ipotesi in merito: una potrebbe riguardare la possibilità che si siano persi dei contatti e che quindi ci siano delle catene di contagio ancora nascoste; la seconda ipotesi chiama in causa i sopravvissuti. È noto che il virus Ebola permanga nel liquido seminale maschile per molto tempo dopo la guarigione. Quindi il rischio di contagio da un sopravvissuto è presente.

D. – Quindi le frontiere sono bloccate?

R. – In realtà no. Sarebbe estremamente difficile per questi Paesi continuare con i regimi di restrizione che abbiamo avuto per tutto il 2014. Quindi le frontiere sono aperte. Ci sono ancora molti controlli in atto, quindi spostarsi tra i Paesi come Guinea e Sierra Leone, e all’interno di quest’ultimo, vuol dire passare attraverso check point, controlli della temperatura e lavaggio delle mani.

D. – Si tratta solo dell’attivazione di un protocollo di sicurezza oppure la paura del contagio è tornata concreta?

R. – Diciamo che il livello di controllo e di sorveglianza su tutto il territorio nazionale è ancora alto. In più, ci sono delle azioni più focalizzate, più mirate proprio intorno a questi nuovi casi di contagio, come la quarantena che oggi coinvolge circa 300 abitazioni e la cosiddetta “vaccinazione circolare”, misura messa in atto ora. Si tratta del vaccino che proprio poche settimane fa ha avuto risonanza mediatica importante perché ha dato risultati ottimi; oggi viene utilizzato e quindi le persone più vicine al caso di contagio vengono vaccinate.

D. – Quindi le misure di precauzione, di fatto, quali sono?

R. – Continuano tutti i controlli lungo le vie di comunicazione, controlli all’ingresso dei luoghi pubblici; si continua costantemente a monitorare la temperatura delle persone che entrano in banca o in un qualsiasi ufficio pubblico, il lavaggio le mani. Quindi nonostante siano solo due i distretti che hanno avuto di recente dei casi, le misure di controllo vigono su tutto il territorio nazionale.








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