2015-09-22 15:08:00

Scandalo Volkswagen: il governo sapeva. Inchieste in Ue


Il governo tedesco sapeva che la Volkswagen aveva truccato 11 milioni di automobili per falsare i test anti-inquinamento. È quanto riporta la stampa tedesca, mentre continua il crollo del titolo in borsa: 24 i miliardi di euro persi in soli 2 giorni. La cancelliera Merkel chiede trasparenza  e in vari Paesi si aprono inchieste, compresa l'Italia. Per Giuseppe Berta, economista esperto del settore auto, “all’origine dello scandalo c’è un progetto di mercato”. Il suo commento nell’intervista di Gabriella Ceraso:

R. – La Volkswagen aveva fissato davanti a sé l’obiettivo di essere, nel 2018, sul mercato americano con una vendita complessiva pari a un milione di vetture. Ora, i livelli attuali sono alquanto distanti dall’obiettivo e ciò probabilmente è all’origine di quest’uso perverso della tecnologia. Perciò, è la ricerca del successo di mercato a tutti i costi, per volontà del presidente appena uscito di scena, Ferdinand Piech, un uomo centrale nella storia dell’automobile tedesca e non solo, che aveva inteso fare della Volkswagen una sorta di summa dell’industria automobilistica cercando di acquisire tutti i marchi possibili 

D. – Però, visto che il rispetto dell’ambiente è sempre stato un “pallino” tipicamente tedesco, risuona un po’ come un autogol?

R. – Non c’è dubbio! E con un danno reputazionale gravissimo. Ora si tratta davvero di pensare uno scenario completamente inedito per la Volkswagen, difficile da raggiungere.

D. – Il fatto che questa frode sia emersa proprio durante la Fiera dell’automobile di Francoforte, risulta, secondo lei, fatto a posta?

R. – Io non credo. Tutti i produttori sono soggetti a un’attenzione estremamente meticolosa. Non dimentichiamo che uno degli obiettivi dell’amministrazione Obama è quello di pervenire a una conversione ecologica del sistema economico.

D. – Cose del genere – si è scritto – possono accadere solo negli Stati Uniti perché lì l’agenzia federale che fa i controlli è indipendente, mentre in Europa le case automobilistiche pagano per farsi certificare e la maggior parte delle volte le misurazioni avvengono proprio negli stabilimenti. Quindi, significa che in Europa in realtà il rischio è molto più alto, ma non lo sappiamo?

R. – Pare che sia così. E’ chiaro che alla luce di quello che sta avvenendo in America, anche la politica dei controlli in Europa andrà rivista e probabilmente reimpostata su nuove basi. Ma tutto questo riguarda il mondo, cioè si rivolge anche al governo sudcoreano che vuol mettere uno stop alle vendite dei prodotti con i motori diesel tedeschi … Il che significa un danno gravissimo per un’industria esportatrice come quella della Germania che aveva nei mercati asiatici uno dei punti di forza.

D. – Siamo nell’anno dell’Enciclica del Papa sull’ambiente: non posso non farle una domanda anche su questo. Ovviamente, emettere meno CO₂ costa, essere meno inquinanti, costa. E’ un problema secondo lei veramente irrisolvibile?

R. – Il problema è risolvibile; si tratta però a questo punto di andare oltre i vecchi paradigmi tecnologici. Voglio dire che probabilmente ci stiamo avvicinando a frontiere tecnologiche che dovrebbero abbattere i vecchi limiti del passato. Dunque io sono convinto che ci sia un mondo della ricerca scientifica che è in grado di superare tutti i vincoli e di esercitare un’azione di rispetto dell’ambiente molto più importante che nel passato.

D. – E’ un settore tartassato quello dell'auto, ma è un settore che ha una piccola parte nell’inquinamento ambientale?

R. – L’inquinamento non è solo l’emissione, l’inquinamento è – per esempio – concentrazione di mezzi di trasporto, congestione … Perciò, non c’è solo questa dimensione. C’è la dimensione di realizzare delle automobili che siano più maneggevoli, più facilmente integrabili con l’ambiente. E torniamo al discorso di prima.








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