2015-09-26 14:30:00

Francesco a Ground Zero: vita prevale su distruzione e morte


Uniti nelle diverse lingue, culture, religioni per dire "no" ad ogni tentativo uniformante e "sì" a una “differenza accettata e riconciliata”: così un luogo di morte si trasforma anche in un luogo di vita per un mondo di pace. È il senso delle parole di Papa Francesco nell’incontro interreligioso a Ground Zero, a New York, dove 14 anni fa sorgeva il World Trade Center, con le sue Torri Gemelle. Assieme ai leader religiosi della città, ha pregato in memoria delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001, ha ricordato “il pianto di ieri e il pianto di oggi” per le distruzioni passate e presenti. Quindi, ha esortato a essere “profeti” di riconciliazione. Il servizio di Giada Aquilino:

Nelle differenze e nelle discrepanze “è possibile vivere in un mondo di pace”. È un invito all’unità e non all’uniformità quello che Francesco fa levare da Ground Zero, lì dove circa tremila vite “sono state strappate in un atto insensato di distruzione”, l’11 settembre 2001. Sono trascorsi 14 anni dagli attentati terroristici, eppure il silenzio del ricordo e della commozione mentre il Papa lascia una rosa bianca lì dove una volta sorgevano le Torri Gemelle, il fluire dell’acqua che scorre nelle fontane del Memoriale, la forza della preghiera riempiono di “speranza” il Pontefice. All’interno della costruzione, nella penombra delle fondamenta dell’edificio, assieme ai leader – uomini e donne – delle molte religioni “che arricchiscono” la vita di New York, Francesco ribadisce come quelle stesse fedi vogliano essere “forze di riconciliazione, forze di pace e giustizia” in ogni parte del mondo:

“Frente a todo intento uniformizador es posible...
Davanti a ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo. Insieme oggi siamo invitati a dire: ‘no’ ad ogni tentativo uniformante e ‘sì’ ad una differenza accettata e riconciliata”.

Soltanto pace
Per questo, esorta a “bandire” odio, vendetta, rancore: ciò è possibile – sottolinea – “soltanto come un dono del cielo”, ciascuno a proprio modo “ma insieme”. Quindi, un momento di silenzio e preghiera per invocare “il dono di impegnarci per la causa della pace”:

“Paz en nuestras casas...
Pace nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nelle nostre comunità. Pace in quei luoghi dove la guerra sembra non avere fine. Pace sui quei volti che non hanno conosciuto altro che dolore. Pace in questo vasto mondo che Dio ci ha dato come casa di tutti e per tutti. Soltanto, pace”.

La preghiera interreligiosa
Al fianco di 12 leader religiosi – perché a New York, aveva precedentemente sottolineato il cardinale Timothy Dolan, c’è una “sincera e fruttuosa amicizia interreligiosa” – il Papa aveva già pregato il Signore di portare pace:

“God of peace, bring your peace to our violent world…
Dio della pace, porta la Tua pace nel nostro mondo violento: pace nei cuori di tutti gli uomini e le donne e pace tra le Nazioni della terra”.

Lacrime per distruzioni di ieri e oggi
Dopo le riflessioni del Rabbino Elliot Cosgrove e dell’Imam Khalid Latif, le meditazioni indù, buddista, sikh, cristiana e musulmana sulla pace e la preghiera ebraica per i defunti, il Pontefice osserva che ancora oggi a Ground Zero “il dolore è palpabile” e l’acqua che scorre nelle fontane del Memoriale ricorda le vite “che stavano sotto il potere di quelli che – aggiunge – credono che la distruzione sia l’unico modo di risolvere i conflitti”. Si tratta di persone, spiega, che “hanno sofferto nella loro carne la logica della violenza, dell’odio, della vendetta”, che causa “solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime”. Ma l’acqua che scorre è pure simbolo delle nostre lacrime, “per le distruzioni di ieri” e per le “tante distruzioni di oggi”:

“Este es un lugar donde lloramos...
Questo è un luogo in cui piangiamo, piangiamo il dolore provocato dal sentire l’impotenza di fronte all’ingiustizia, di fronte al fratricidio, di fronte all’incapacità di risolvere le nostre differenze dialogando. In questo luogo piangiamo per la perdita ingiusta e gratuita di innocenti, per non poter trovare soluzioni per il bene comune. E’ acqua che ci ricorda il pianto di ieri e il pianto di oggi”.

L'abbraccio con i familiari delle vittime
Proprio accanto ad una delle fontane Francesco ha salutato i familiari di soccorritori caduti in servizio. Poi racconta di aver constatato come “la distruzione non è mai impersonale, astratta o solo di cose”, ma che “ha un volto e una storia, è concreta, possiede dei nomi”. Nei volti dei familiari delle vittime, dice Francesco, si può vedere il dolore che “grida al cielo” e assieme “l’altra faccia di questo attentato”, cioè “il potere dell’amore e del ricordo”, “che non ci lascia vuoti”: perché attraverso quei nomi scritti dove c’erano le basi delle torri, possiamo vedere, toccare e “mai più” dimenticare quelle persone.

“Aquí, en medio del dolor lacerante…
Qui in mezzo al dolore lacerante, possiamo toccare con mano la capacità di bontà eroica di cui è anche capace l’essere umano, la forza nascosta a cui sempre dobbiamo fare appello”.

Nel dolore ha prevalso la solidarietà
Perché nel momento di maggior dolore e sofferenza, abbiamo assistito ad uno “dei più grandi atti di dedizione e di aiuto”:

“Manos tendidas, vidas entregadas…
Mani tese, vite offerte. In una metropoli, che può sembrare impersonale, anonima, di grandi solitudini, siete stati capaci di mostrare la potente solidarietà dell’aiuto reciproco, dell’amore e del sacrificio personale. In quel momento non era una questione di sangue, di origine, di quartiere, di religione o di scelta politica; era questione di solidarietà, di emergenza, di fraternità. Era questione di umanità”.

La vita è destinata a trionfare sulla morte
I pompieri di New York, ricorda, sono entrati nelle torri che stavano crollando: molti hanno perso la vita, salvandone al contempo tante altre:

“Este lugar de muerte se transforma también en un lugar de vida…
Questo luogo di morte si trasforma anche in un luogo di vita, di vite salvate, un canto che ci porta ad affermare che la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della distruzione, sulla morte, che il bene avrà sempre la meglio sul male, che la riconciliazione e l’unità vinceranno sull’odio e sulla divisione”.

Così, conclude scambiando il segno della pace con gli esponenti delle altre religioni, la vita dei nostri cari ci spinge a essere “profeti” di ricostruzione, riconciliazione e appunto pace.








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