2015-09-28 19:12:00

Onu-Siria : tra Putin e Obama ancora posizioni distanti


Il conflitto siriano approda al Palazzo di Vetro di New York, dove è iniziata la 70° Assemblea generale delle Nazioni Unite. “Quattro anni di paralisi diplomatica anche del Consiglio di Sicurezza hanno creato una crisi fuori controllo”. Così aprendo i lavori il segretario generale Ban ki Moon. Si fa avanti intanto l’idea di una ampia collaborazione internazionale per trovare una soluzione, anche se restano distanti le posizioni di Washington e Mosca, che in serata avranno il primo bilaterale dopo due anni di gelo dovuto all’Ucraina. Il servizio di Gabriella Ceraso

E’ fondamentale la collaborazione internazionale per contrastare un tiranno come Assad, che ha brutalizzato il suo popolo. A lui dunque nessun sostegno, come fanno alcuni, dicendo che l’alternativa sarebbe peggiore. Occorre invece una transizione a un nuovo leader. Questa la linea americana, ma anche quella francese, sulla Siria, tratteggiata nell'intervento alle nazioni Unite del presidente Obama che comunque apre ad un lavoro comune con Russia e Iran. Ma Mosca sembra restare distante. Quando Putin prende la parola, la prima volta dopo 10 anni in questo contesto, sottolinea, come farà più tardi il leader iraniano Rohani, che il problema è l’Is che continua a reclutare seguaci. "Guardi l’occidente ai danni che ha generato, in tutta l’area" afferma Putin che definisce un errore enorme prescindere dal ruolo di Assad, l’unico che combatte i terroristi nell’area, e irresposnabile è armare i cosiddetti ribelli moderati perché non conosciamo, afferma Putin, la reale natura della loro opposizione. L’idea che Mosca rilancia è di una coalizione veramente ampia come fu quella contro Hitler e di uno spazio di sicurezza comune. Risponde a questa idea la convocazione annunciata dal Cremlino, per ottobre, del Gruppo di contatto per la Siria composto non solo da Usa e Russia, ma anche da Arabia Saudita, Iran, Turchia ed Egitto. Nell’attesa di conoscere l’esito del bilaterale Usa-Russia, dagli interventi al Palazzo di Vetro anche di Cina e Corea emerge il richiamo forte al ruolo centrale dell’Onu, per risolvere le controversie tra Paesi.

Per un commento su quanto sta avvenendo a New York sentiamo Maria Grazia Enardu, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Firenze al microfono di Michele Raviart:

R. – Quello che rende questa Assemblea importante è il grande ritorno della Russia. L’aspetto paradossale è che, in questo momento, la Russia è un Paese debole perché il petrolio è crollato, perché non innovano, non hanno tecnologia: hanno invece armi, uomini e hanno Lavrov che fa il ministro degli esteri russo da 11 anni,  conosce la situazione politica come nessuno al mondo e presenta a Putin tutte le opportunità che poi Putin naturalmente fa vedere come sue.

D. – Sembrerebbe che una sorte di fronte russo-sciita si stia formando e che uno dei nodi sia sulla presenza o meno di Assad…

R. – I russi sono nel lungo periodo disposti a sacrificare Assad. Però mai nessuno darà una garanzia che i russi firmino una intesa, in cui dicano “poi Assad se ne andrà” e che domani non cambino idea… Assad permette a tutti – tutti! – di continuare a fare i propri giochi: lo permette ai sauditi, lo permette ai turchi… Quindi tutti hanno una mano in questo ed è una mano quasi sempre invisibile. Paradossalmente le mani che si vedono meglio sono quelle degli occidentali.

D. – E’ atteso per oggi questo faccia a faccia fra Putin e Obama, il primo da due anni: quali sono i temi, a questo punto, che possono affrontare e le visioni che si contrappongono tra Putin e Obama sulla Siria?

R. – I temi che possono affrontare sono in particolare il Medio Oriente e l’Ucraina o la situazione in Europa Orientale. L’incontro è determinante perché è la prima volta che si vedono da molto tempo e perché si è all’inizio di una possibile collaborazione – con parecchie virgolette … - su questi temi. E’ importante che si incontrino, ma non credo uscirà nulla di definitivo dall’incontro.

D. – Un altro attore molto attivo è l’Iran, che ha detto di essere disposto ad un piano di azione comune con gli Stati Uniti e che prima bisogna distruggere l’Is e poi occuparci di Assad… Ecco, qual è il ruolo di Teheran?

R. – Il ruolo di Teheran è quello di un grande attore, a lungo escluso dalla scena internazionale e soprattutto mediorientale, che ora torna in gioco e ci torna con prudenza, perché l’Iran ha obiettivi di lungo periodo e quindi sarà prudente, sarà attento, ma conterà a rafforzare se stesso, la posizione degli sciiti in Medio Oriente e ad indebolire non tanto i Paesi sunniti, ma quei Paesi sunniti – soprattutto l’Arabia Saudita – che sono, per tutta una serie di ragioni, di ostacolo all’Iran.

D. – La Francia ha cominciato a bombardare lo Stato Islamico. Qual è la strategia sottesa a questa azione?

R. – Le ragioni della Francia sono assolutamente storiche: da 5-6 secoli la Francia considera il Levante - Libano e Siria – come zona di suo grande interesse. In queste circostanze ci vuole tornare in qualche modo… E’ chiaro che, a parte il ruolo che può avere in sede Onu e in sede europea, l’unico modo per farsi vedere è mandare degli aerei e dire: “Ci sono anche io e non si può decidere senza di me!”. E’ anche vero che un bombardamento è una cosa occasionale, per fare qualcosa di incisivo che riporti un minimo di ordine in Siria, – bisogna essere in molti e bisogna essere assai costruttivi.

D. – Qual è il futuro e il presente della coalizione internazionale guidata dagli Usa?

R. – La prima cosa che la coalizione dovrebbe fare è mettersi d’accordo su un obiettivo minimo e cercare di perseguirlo. In questo momento non ne hanno neanche uno… Buttare fuori Assad non è un obiettivo, perché tutti sanno che se non c’è un successore a quella parte di Siria che dovrebbe rimanere nella sfera di Assad - anche con lui fuori - anche questa parte della Siria entrerà nel caos.








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