2015-09-28 14:06:00

Violenza in Centrafrica. Nzapalainga: leader religiosi la condannano


Coprifuoco violato e saccheggi hanno segnato anche la giornata odierna a Bangui città che da almeno tre giorni è completamente paralizzata dalle barricate e dalle violenze innescate innanzitutto dalla contrapposizione tra combattenti Seleka, che hanno deposto il presidente Bozizè nel 2013, e unità anti-Balaka, nate come gruppi di difesa contro il banditismo. Uomini armati hanno preso d’assalto sedi di organizzazioni internazionali e hanno causato l’evasione dalla prigione centrale di centinaia di detenuti,, puntando anche al palazzo della presidente di transizione che vogliono dimissionaria,Catherine Samba Panza che intanto sta rientrando dalla sede della Nazioni Unite di New York. “Ristabilite la calma e troveremo una soluzione” ha detto appellandosi al suo popolo. Si rincorrono voci dell’arrivo in città di rinforzi provenienti dall’interno del paese sia per gli anti balaka sia per la milizia seleka. Per domani l’opposizione e gli anti balaka hanno programmato una grande manifestazione popolare per sostenere le loro richieste. I caschi blu intanto stanno radunando personale civile straniero delle Ong in luoghi sicuri. 

Gli scontri in corso sono spesso descritti come “interreligiosi” ma la realtà è più complessa:  non tutti i membri di Seleka  sono musulmani, come si dice, e soprattutto i miliziani anti balaka in gran parte non sono cristiani. Ma nell’intervista di Xavier Sartre, ascoltiamo  mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui:

R. - Une ville morte, parce que on voit pas beaucoup de véhicules circulés…

Una città morta! Si vedono circolare soltanto pochi veicoli, ci sono le barricate… Io stesso ho fatto un giro per andare a trovare i rifugiati, coloro che hanno perso tutto, la loro casa e i loro beni, per confortarli e per consolarli. Ho visto i rifugiati nelle parrocchie. Ho ho visto tante gente, con i pacchi sulla testa, che cammina per cercare riparo, all’occorrenza anche nelle parrocchie e nei presbiteri.

D. - Come si può spiegare l’esplosione di questa violenza, sabato mattina?

R. – Jusqu'à présent nous cherchons à savoir comment se passé…
Stiamo cercando tuttora di capire cosa sia successo… Quello che so è che ogni atto di violenza dobbiamo condannarlo ed io condanno questo episodio. E quando succedono queste cose, bisogna condurre un’inchiesta e bisogna sapere chi ne è l’autore per dire ‘no’ all’impunità. Si ha l’impressione che la gente voglia una vendetta popolare, facendosi giustizia da sola. Noi abbiamo visto aumentare questa violenza. Sono scappati tutti. E gli innocenti stanno perdendo la vita! Negli ospedali ho visto molti feriti, molti morti, gente che continua a soffrire: e si tratta proprio di innocenti che non hanno nulla a che fare con questa guerra, con questo odio e con questa vendetta. Noi condanniamo, pensiamo che soltanto così si possa favorire la costruzione della coesione sociale, per arrivare alla pace.

D. – La città di Bangui è tuttora controllata dalle forze dell’Onu: come possiamo spiegare una tale violenza, quando è presente una forza militare internazionale in città?

R. – Cet déclenchement de violence ha surpris tout le monde…
Questo scoppio di violenza ha sorpreso tutti, perché si credeva rimanesse una cosa circoscritta e che non riuscisse a coinvolgere anche altri quartieri della città. Siamo rimasti veramente meravigliati nel vedere come quartieri interi si siano mossi e si siano diretti nella zona delle violenze. Allora, che cosa è successo? Sono delle domande che rivolgeremo al responsabile della forza internazionale, perché possa spiegare cosa sia successo, cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato, tanto da permettere un avvenimento del genere, con un numero di morti e feriti enorme. Tutti vogliono avere risposta a questi quesiti.

D. – Ci sono ancora tantissime armi che circolano in città e più generalmente nel Paese. Secondo voi, ricuperare queste armi e disarmare certe milizie e certe persone non sarebbe un’azione prioritaria da effettuare?

R. – Nous, les leaders religieux, c'est à dire le responsable…
Noi leader religiosi – cioè i responsabili della comunità musulmana, il capo delle Chiese evangeliche ed io stesso – abbiamo insistito sul fatto che si facciano sparire le armi dalle mani della gente, che non sa neanche utilizzarle. Sono pericolose! Siamo seduti su una polveriera. Questi avvenimenti ci mostrano ancora una volta che la gente porta con sé le armi ed è pronta ad utilizzarle, non importa per quale ragione.

D. – Alla fine del mese di novembre Papa Francesco verrà in visita in Centrafrica. Voi credete che, se la violenza a Bangui continuerà e se altri episodi di questo genere si verificheranno, questo viaggio verrà messo in discussione?

R. – Pour l'instant, nous sommes les hommes de foi….
Noi siamo uomini di fede, noi preghiamo e invitiamo tutti, sia gli uni che gli altri, a prepararsi a questo grande evento, in cui il Papa toccherà il nostro Paese. Francesco viene a consolarci, a portare la Buona Novella di riconciliazione e di misericordia. Noi non vogliamo mancare questo incontro. Il Signore toccherà le coscienze di tutti. Noi ci prepariamo a ricevere il Santo Padre, che ci porta una parola di pace, di riconciliazione, di misericordia, per la convivenza e la concordia.








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