2015-10-02 13:34:00

Centrafrica, torna la calma. Unicef: soli migliaia di minori


La vita sta riprendendo i ritmi quotidiani a Bangui nella Repubblica Centrafricana dopo i violenti scontri dei giorni scorsi, con oltre 30 vittime. Fonti locali riferiscono che il rientro della presidente, Catherine Samba Panza, ha rassicurato la popolazione e quanti speravano di rovesciare le istituzioni hanno visto ridimensionato il loro potenziale militare. Nel pomeriggio, vertice governativo aperto a tutte le componenti della società civile per cercare una soluzione alla crisi e rilanciare il processo elettorale di ottobre. In grande difficoltà resta il personale delle Ong, in parte evacuato e vittima di saccheggi. E drammatica è la situazione dei bambini: “Per loro c'è stato un regresso sotto tutti fronti”, racconta al microfono di Gabriella Ceraso, il responsabile emergenze in Centrafrica per l’Unicef, Andrea Burelli, raggiunto telefonicamente a Bangui:

R. – In questi ultimi due giorni, la situazione è ancora migliorata. C’è da dire comunque che noi abbiamo sempre l’obbligo di rimanere nelle nostre sedi e di non muoverci e questo evidentemente provoca un problema a livello di coordinamento e soprattutto di valutazione dei bisogni. Sono i bambini quelli che pagano il prezzo più alto. L’Unicef aveva fatto degli sforzi enormi con le autorità per avere una ripresa della scuola regolare il 21 settembre. Dopo qualche giorno, invece, la crisi è scoppiata e quindi ritorniamo alla situazione di partenza per i circa 180 mila bambini che avrebbero dovuto essere oggi nelle aule. Non conosciamo invece ancora la situazione delle scuole, se siano cioè state saccheggiate o altro. Questo per quanto riguarda l’educazione. In merito alla questione della nutrizione, dei circa 1.000 bambini che partecipavano a un programma alimentare, il 905 ha dovuto abbandonare. Ci sarà quindi sicuramente il problema di ritrovarli e di riprendere questo programma. Ci sono poi gli sfollati, erano in numero decrescente. All’inizio dell’anno, eravamo arrivati a circa 27 mila sfollati, qui a Bangui oggi siamo invece a 70 mila e almeno 35 mila sono sotto i 18 anni. Mancano soprattutto il cibo e l’igiene e siamo molto preoccupati perché questo potrebbe avere poi delle conseguenze sanitarie nel breve termine. Purtroppo, poi, c’è un altro problema che riguarda i bambini: il fatto che, a causa dei combattimenti, sono scappati e sono stati separati dalle famiglie. Stiamo faticosamente cercando di comprendere l’entità di questo problema.

D. – Ricordiamo che in Centrafrica rischiano l’arruolamento forzato…

R. – Questo è un problema enorme: è vero che in Centrafrica nel mese di maggio c’era stato un accordo con tutti i gruppi armati per poter liberare i bambini che sono al loro interno. C’era stato il rilascio di qualche centinaia di bambini, però ora ritorniamo anche sotto questo punto di vista alla casella di partenza…

D. – Quindi, a oggi, conferma che dal punto di vista della scuola, della nutrizione, dell’alimentazione, degli sfollati, e del controllo dei bambini non accompagnati, voi non potendo circolare e non avendo sicurezza garantita non potete riprendere in mano la situazione?

R. – Siamo a questo livello: cioè conosciamo le cifre, ma non siamo ancora in grado di portare avanti un’azione concreta ed efficace. Per la verità, per quanto riguarda la nutrizione, abbiamo già fatto qualcosa. Ma il problema vero è di ritrovare i bambini…

D. – Sappiamo anche che uffici della Caritas, del Pam e delle Ong internazionali sono stati particolarmente minacciati e presi di mira…

R. – Gran parte del personale delle Ong è stato evacuato, ieri è cominciata l’evacuazione e oggi ce ne sarà un’altra. Quindi, c’è un "gap" in termini di risorse umane, ma anche in termini logistici. I veicoli, i computer, il materiale che avevano nei magazzini è stato totalmente saccheggiato. E questo è un grande problema.

D. – La popolazione in questo momento dove si trova,chiusa in casa o nei campi profughi?

R. – La maggior parte della popolazione è rimasta nelle case. Noi parliamo di sfollati nei siti, cioè nei campi degli sfollati. Ma c’è un’enormità di persone – e su questo purtroppo non abbiamo il dato – che sono scappate in famiglie che conoscono, famiglie di amici e conoscenti. Dei 400 mila circa sfollati in tutto il Centrafrica, attualmente più o meno il 60% si trova nelle famiglie dove ha un’accoglienza e un’assistenza, mentre il 40% è nei campi e deve essere assistito.








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