2015-10-02 13:52:00

Strage college Usa, 13 morti. Obama: rivedere legge su armi


Sarebbe di almeno 13 morti, compreso il killer ucciso dalla polizia, e si 7 feriti il bilancio dell’ennesima strage avvenuta ieri in un college statunitense, a Roseburg, nello Stato dell’Oregon. In un messaggio alla nazione, il presidente Obama ha tuonato: “Ora basta, rivedere la legge sulla vendita delle armi”. Per un commento sull’ultimo episodio che ha insanguinato le scuole degli Usa dalla Columbine (1999) in poi, Roberta Barbi ha intervistato il prof. Ferdinando Fasce, docente di Storia degli Stati Uniti all’università di Genova:

R. – Credo che a questo punto gli occhi di tutti debbano considerarsi aperti, cioè che non ci si possa più nascondere dietro formule ideologiche o dietro tentativi di travisare le cose. E' un fatto molto chiaro che nella società statunitense – l’ha detto molto chiaramente anche il presidente Obama – c’è un problema legato all’uso delle armi.

D. – Dopo l’accaduto, il presidente Obama ha lanciato un appello alla nazione contro la diffusione delle armi: “Negli Stati Uniti ce n’è una ogni uomo, donna o bambino”, ha detto. Come mai non si riesce a cambiare questa situazione?

R. – Credo che sia, come sempre accade in società che diventano sempre più complesse, un intreccio di fattori. Da un lato, c’è indubbiamente una tradizione dei residui ideologico-culturali legati alla nozione dell’individuo che deve difendersi e farsi giustizia da solo, con un’interpretazione distorta del famoso secondo emendamento alla Costituzione sul diritto di portare le armi: ci sono questi residui che si associano all’idea della libertà dell’uomo che si muove liberamente negli spazi americani della frontiera. Dall’altro, molto più importante, c’è la lobby delle armi e, dall’altro ancora, ci sono i politici che speculano su tutto questo.

D.  – Il presidente Obama ha puntato molto chiaramente il dito contro il Congresso…

R. – Sicuramente, e contro quella parte di Congresso di estremisti repubblicani che si fanno interpreti degli elementi più forti, più emotivi, di convinzioni e paure degli americani. Perché qui bisogna stare molto attenti alle convinzioni: convinzioni di chi è sicuro che le armi siano importanti e la paura, basti pensare alla propaganda della lobby delle armi, che dice: no, ce ne vogliono di più... Ce ne vogliono di più, perché? Perché la gente ha paura.

D. – Quanto pesano in certe scelte politiche le lobby dei commercianti d’armi americani?

R. – Enormemente. Alcuni anni fa, un mio collega storico molto apprezzato negli Stati Uniti pubblicò un libro nel quale cercava di dimostrare che in realtà l’uso delle armi negli Stati Uniti è diventato particolarmente forte non dalle origini – quindi non è una storia che gli americani hanno nel dna, insomma dalle colonie in poi – ma che fu la Guerra civile a incentivare una cultura delle armi. Non appena il libro fu pubblicato, gli si attaccarono alle calcagna, letteralmente, quelli della "National Rifle Association" e lo distrussero, dimostrando che aveva sbagliato alcune citazioni – che era vero – e in questa maniera eliminando e cercando di eliminare una discussione seria intorno a quando e come si è prodotta una cultura delle armi. Quindi, è fortissima quell’influenza.

D. – Il Washington Post ha stabilito che negli primi 274 giorni del 2015 nel Paese ci sono state 294 sparatorie di massa, cioè quelle in cui ci sono almeno 4 feriti. Alla base, quindi, c’è solo un problema di diffusione delle armi?

R. – Credo ci sia un intreccio tra il fatto che le armi sono di facile accesso agli individui, il fatto che soprattutto in certe aree si può essere diffusa la sensazione che ci sia bisogno di un’arma per difendersi, e poi le pressioni economiche e politiche delle quali parlavo.








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