2015-10-03 14:12:00

Siria, nuovi raid russi. Usa e Gb: non colpiscono l'Is


Quarto giorno di raid aerei russi sulla Siria. Secondo il ministero della Difesa russo, nelle ultime 24 ore l'aviazione militare russa ha colpito nove obiettivi dello Stato Islamico, tra cui un posto di comando e un bunker vicino a Raqqa, la roccaforte del Califfato. Ma dopo gli Stati Uniti, anche la Gran Bretagna accusa Mosca di concentrare i bombardamenti contro i civili e l'opposizione anti-Assad piuttosto che contro l’Is. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha esortato Vladimir Putin a fermare la campagna di bombardamenti russi sulla Siria, accusando Mosca di "chiudere un occhio" di fronte alle "65 vittime civili" causate dai raid. Degli obiettivi russi e della transizione siriana, Francia e Germania hanno discusso ieri nel summit di Parigi con il presidente russo, Vladimir Putin. Sui risultati di questo vertice Elvira Ragosta ha intervistato Gabriele Iacovino, analista del Cesi, Centro studi internazionali:

R. - Si può definire un nuovo tentativo forse, che sia nei confronti della lotta allo Stato Islamico, sia verso una ricerca di nuove prospettive per la Siria e per – diciamo – un processo diplomatico che porti ad un post-Assad o se non ad un post-Assad ad un post-crisi, ad un post-guerra civile siriana, che vede sia gli Stati Uniti sia la Russia, ma anche Gran Bretagna e Francia, molto attivi in questa ricerca.

D. – La transizione passa attraverso l’uscita di scena di al-Assad: questo hanno chiesto la Francia e la Germania e questo aveva già chiesto il presidente statunitense Obama. Ma la Russia non è della stessa opinione. Allora, cosa si può prevedere sul futuro di Bashar al-Assad?

R. – E’ ancora assolutamente tutto in discussione, anche perché le prospettive e i fattori in questo momento – sia militari che diplomatici sul campo – sono ondivaghi e quindi se da una parte c’è una coalizione internazionale che combatte lo Stato Islamico, ma non combatte né Assad né le milizie jihadiste a lui ostili; dall’altra parte abbiamo una Russia che ha messo tutta la sua potenza militare a supporto di Assad e che combatte sia lo Stato Islamico, sia le milizie jihadiste che combattono Assad. Quindi è un calderone indefinito che, in questo momento, vede il contesto siriano separato, scisso da quello iracheno, ma che forse così scisso e così separato non è.

D. – E se non è così separato dal punto di vista strategico, cosa si può prevedere per il futuro della regione?

R. – Una regione che difficilmente rivedremo come siamo abituati a conoscere: sia la Siria che l’Iraq difficilmente torneranno ad essere quello che erano 4-5 anni fa; una influenza iraniana che - se possibile - andrà ad accrescersi sulla regione, perché venuti meno i poteri sunniti forti di Assad da una parte e quello che era di Saddam Hussein dall’altra; rimescoleranno nuovamente gli equilibri, con un movimento di hezbollah, che sempre di più sarà un attore regionale più che solamente libanese.

D. – Questo Vertice di Parigi ha fatto conquistare all’Europa un nuovo ruolo nella crisi siriana?

R. – Purtroppo più che un ruolo dell’Europa sono sempre i singoli Stati che mossi dai propri interessi cercano un ruolo politico nei vari contesti. Vediamo come la Francia ha utilizzato il proprio impegno militare nel contesto siriano per avere un ruolo diplomatico in un contesto regionale come quello siriano, che da sempre è di suo interesse. Vediamo poi un attivismo tedesco che, forse dettato anche dai problemi interni che la cancelliera Merkel adesso ha, cerca di sfruttare un ruolo maggiore in politica estera, che finora non ha avuto, per cercare di porre meno attenzione ai problemi interni. 








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