2015-10-03 15:30:00

Riforme, via libera del Senato all'art. 2 sull'elezione


Dal Senato via libera all’articolo 2 delle riforme istituzionali. Il testo soddisfa anche la minoranza Pd. Dunque, i futuri senatori, grazie all'accordo raggiunto, non saranno eletti direttamente dai cittadini, ma le scelte di questi ultimi saranno “vincolanti”. Alessandro Guarasci:

La svolta è stata l’emendamento di Anna Finocchiario, senatrice del Pd. Lo dimostrano anche i numero: 169 si’ contro 93 no e 3 astenuti. Nel futuro Senato, dove siederanno rappresentati di Comuni e Regioni "la durata del mandato dei senatori coinciderà con quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono stati eletti". E l’elezione dei senatori dovrà tenere conto delle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri. Per la minoranza Pd così non si potrà ignorare la volontà dei cittadini. Il costituzionalista Stefano Ceccanti:

R.: C’è una specie di doppia chiave. Gli elettori votano dei consiglieri regionali, ma votandoli più o meno, il sistema ti metterà in grado di capire chi di quei consiglieri regionali andrà al Senato. E’ più semplice di quanto non si possa pensare.

D. – Ma, secondo lei, c’è da fare un altro passaggio per mettere a punto le varie leggi a livello regionale di elezione, appunto, dei consiglieri regionali?

R. – La Costituzione, dunque, stabilisce questo principio: che gli elettori votano e che ci debba poi essere un passaggio in Consiglio. Rinvia ad una legge dello Stato, l’attuazione pratica. D’altra parte, per le leggi elettorali è sempre così: ci sono dei principi in Costituzione, ma poi la legge è una legge ordinaria, non sta in Costituzione. Questa legge dovrà tenere anche un po’ conto delle diversità dei sistemi che esistono tra le varie regioni.  

D. – Una scelta, questa, del tutto politica, perché poi, comunque, lo sappiamo, il Senato avrà dei poteri molto limitati, essenzialmente di controllo…

R. – Sì, però questa è la logica di tutte le seconde Camere nei grandi Paesi. Il ruolo delle seconde Camere non è quello di impedire a chi ha vinto nella prima Camera di governare, è quello di rappresentare un punto di equilibrio tra il centro e la periferia e, sulla gran parte delle leggi, di poter rappresentare un freno momentaneo, un invito alla Camera, che decide in ultima istanza, a ripensarci.

D. – Quanto potrà, secondo lei, davvero essere incisivo, quanto insomma potrà davvero contare il parere delle autonomie locali nella futura Repubblica Italiana, secondo questa riforma?

R. – Sì. La riforma nasce da questo problema. Noi abbiamo fatto una riforma in titolo quinto, con due elenchi di materie: cosa fa lo Stato e cosa le Regioni nelle competenze legislative. Questo elenco non è scritto tanto bene e quindi la riforma lo riscrive un po’. Comunque si riscriva, però, resta sempre una zona di sovrapposizione. Se non c’è un Senato delle regioni che cosa succede? Che sia lo Stato sia le Regioni si rivolgono al giudice, alla Corte costituzionale che è ingolfata di ricorsi. Portare i legislatori regionali nel Senato, significa creare una sede politico-istituzionale per prevenire questi conflitti.  

 

 








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