2015-10-05 12:57:00

Burkina Faso: dopo tentato golpe, Chiesa esorta a riconciliazione


Una esortazione per la costruzione della pace, della giustizia e della riconciliazione è giunta a tutta la popolazione del Burkina Faso dal cardinale Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou, e dal nunzio apostolico nel Paese africano, mons. Piergiorgio Bertoldi, dopo il tentativo di colpo di Stato militare dell’ex guardia presidenziale, conclusosi con la resa del generale golpista Gilbert Diendéré. “Possiamo veramente riconciliarci nella giustizia, per una pace vera e duratura”, ha detto il porporato nella Messa domenicale celebrata al Santuario mariano di “Notre Dame de Yagma”, come informa l’agenzia Fides. L’arcivescovo Bertoldi da parte sua ha invitato ad “avere fiducia nella giustizia” e a lavorare - riporta l’agenzia Misna - anche per la tenuta di elezioni pacifiche, inizialmente previste per l’11 ottobre, ma posticipate per le recenti tensioni forse ai primi di dicembre. Ma qual è ora la situazione in Burkina Faso, che aveva vissuto una profonda crisi già a fine 2014, con l’uscita dalla scena politica dell’ex presidente Blaise Compaoré, al potere da quasi trent’anni? Risponde Marco Di Liddo, analista di questioni africane al Centro Studi Internazionali, intervistato da Giada Aquilino:

R. – Il Paese si ritrova un po’ come si era ritrovato all’indomani della cacciata dell’ex presidente Compaoré, quindi contento di aver fatto un gesto di rottura rispetto ad un passato caratterizzato soprattutto da una gestione molto corrotta e molto personalistica del potere, però allo stesso tempo preoccupato per le prospettive di sviluppo politico ed economico del futuro. Certo, l’aver resistito ad un tentativo reazionario di contro-rivoluzione da parte di forze legate a quello che era il potere del passato ha evidenziato come ci sia unità di intenti tra il popolo burkinabé e l’attuale governo nazionale di transizione, che è l’espressione del cambiamento. Però ci sono ancora molte incognite su quella che sarà la gestione del futuro e su come reintegrare nel processo politico decisionale tutti coloro che condividevano le idee politiche di Compaoré.

D. - Come si è arrivati alla resa del generale Diendéré? Che ruolo hanno avuto le forze straniere in questa crisi?

R. – Diendéré si è arreso e, con lui, si è arreso il regimento della Guardia presidenziale perché si sono resi conto di essere soli e di non essere appoggiati in alcun modo dalla popolazione. Il ruolo delle potenze straniere è stato importante, soprattutto per quanto riguarda i Paesi africani, perché l’Ecowas è riuscito a far capire in maniera molto onesta e precisa a Diendéré che non c’era assolutamente spazio per alcuna legittimazione di un’azione del genere nei contesti regionali dell’Africa occidentale e che, se non avesse abbandonato questo velleitario tentativo di golpe, avrebbe avuto contro Paesi del calibro della Nigeria, del Senegal, del Ciad.

D. – In che modo era maturato questo tentativo di golpe?

R. – Le ragioni erano prettamente politiche. Dopo la destituzione di Compaoré, c’era il rischio che i suoi fedelissimi perdessero l’influenza e i privilegi che invece avevano caratterizzato la sua stagione politica. Quindi questi lealisti di Compaoré, posti di fronte al rischio di essere totalmente esautorati dal meccanismo decisionale, hanno cercato di invertire e di fermare la transizione: non potendolo fare politicamente, perché sono in minoranza, hanno provato un effimero gesto di forza.

D. - Il presidente Michel Kafando, ristabilito nelle sue funzioni, è intervenuto all’Assemblea generale dell’Onu, segno che forse la distensione in parte è cominciata in Burkina Faso. Ma cosa manca ancora per normalizzare la situazione?

R. – Mancano elezioni legittime che permettano al popolo burkinabé di esprimere quello che è il suo volere democratico. Perché per quanto Kafando sia “l’uomo del cambiamento” è comunque un leader che è asceso alla presidenza della Repubblica non tramite elezioni; così pure il premier Yacouba Isaac Zida, che è un militare. Oggi il Burkina Faso è un Paese pieno di risorse umane. E anche di risorse naturali ma, come spesso è capitato in Africa, questa ricchezza è stata sfruttata da pochi privilegiati che hanno lasciato il resto della popolazione in condizioni di terribile sottosviluppo. Quindi la sfida per Kafando o per chi ne prenderà il posto al vertice dello Stato sarà quella di garantire un futuro migliore alla popolazione.








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