2015-10-05 14:24:00

Siria: l'Is distrugge l'arco di Palmira. No della Nato ai raid russi


In Siria, nuovo attacco al patrimonio archeologico di Palmira. I miliziani dell’Is hanno distrutto l’arco di trionfo di epoca romana. Intanto la Nato chiede alla Russia "l'immediata cessazione degli attacchi contro l'opposizione siriana ed i civili" ed esprime "forte protesta" e "condanna" per la violazione dello spazio aereo turco e dell'Alleanza. Il Consiglio Atlantico straordinario parla di "estrema pericolosità di un tale comportamento". Per un commento sulla cronaca di queste ultime ore e sui rapporti tra Usa e Russia, Marco Guerra ha intervistato Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento:

R. - È chiaro che questo genere di attentati fatti al patrimonio culturale e mondiale - soprattutto a quello preislamico, come può essere Palmira - hanno un fine propagandistico: quello di cercare di dimostrare che il sedicente Stato Islamico è in grado di sfidare l’opinione prevalente anche sulla base della cultura condivisa. Tuttavia mi sembra più importante il dibattito che è in corso riguardo alla questione di Bachar Al Assad, Putin e Obama. Su questo punto ho sempre sostenuto che è necessario coinvolgere l’Iran nel processo di ristrutturazione e sistemazione del Medio Oriente, perché adesso in Iran c’è al potere una classe dirigente pragmatica; la fase di Ahmadinejad è passata… L’Iran è una potenza regionale, uno Stato potenzialmente ricchissimo che può fungere da bilanciamento. Quindi io sono convinto che l’Iran debba essere coinvolto nel processo di ristrutturazione del Medio Oriente, al costo di limitare l’influenza dell’Arabia Saudita.

D. – Però Assad ha detto alla Tv iraniana che potrebbe anche prendere in considerazione l’ipotesi di lasciare, qualora servisse veramente a risolvere la crisi…

R. – Secondo me è una “boutade”: cioè, è chiaro che Bachar Al Assad cercherà di rimanere in sella il più possibile. Io credo, però, che se ci fosse una pressione congiunta dell’Iran e di Putin, una volta che Putin avesse verificato un maggiore ammorbidimento da parte degli Stati Uniti nel gioco regionale, una duplice convergenza di pressioni di questo genere potrebbe costringere Al Assad ad andarsene, “obtorto collo”, ma potrebbe farlo.

D. – Nelle ultime ventiquattro ore, la Russia ha effettuato nuovi raid e ha colpito nuovi obiettivi. La coalizione a guida Usa da un anno e mezzo sta portando avanti questi bombardamenti: qual è l’azione più efficace?

R. - Ho la sgradevole impressione che almeno fino a oggi - o diciamo fino a ieri - l’Occidente e gli Stati Uniti, per motivi vari, non abbiano condotto nei confronti dell’Is una politica di fermo contrasto; perché anche la decisione di effettuare questi bombardamenti aerei è stata tardiva. È evidente che adesso ci si trovi nella necessità di un intervento energico, per poter in qualche modo tenere sotto controllo l’espansione dell’Is. Da questo punto di vista un intervento congiunto statunitense e russo sarebbe molto utile, se i due si coordinassero. Dal punto di vista strategico - è ovvio - le prospettive geopolitiche degli Stati Uniti sono diverse da quelle della Russia. Però è anche abbastanza sorprendente il fatto che sembra che, anche nei confronti di una minaccia globale, come si dice essere quella dell’Is, le due massime potenze militari attualmente nel mondo - appunto gli Stati Uniti e la Russia - non riescano ad addivenire ad un fronte comune. Questa realtà dell’Is o è meno pericolosa di quello che ci viene detto, o in qualche modo serve a qualcosa. Per cui non c’è una vera volontà politica di combatterla fino in fondo.








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