2015-10-07 14:20:00

Times: piano Ue per espellere migranti. Sr. Flick: noi accogliamo


Sono centinaia i migranti salvati a largo delle coste libiche nelle scorse ore e giunte oggi nei porti italiani, siciliani e calabresi. Tra due giorni è intanto previsto l’avvio dei primi ricollocamenti dall’Italia alla Svezia. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Pozzallo, Vibo Valentia, Lampedusa: a centinaia vi sono sbarcati nelle ultime ore, trasportati dalle navi appartenenti al dispositivo Frontex. A bordo intere famiglie siriane e poi somali, eritrei, ma anche gruppi dei cosiddetti “migranti economici”. Dall’inizio di gennaio, ha reso noto ieri l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, il Mediterraneo è stato attraversato da oltre 430 mila migranti e rifugiati, mentre sarebbero circa tremila le persone morte o disperse. L’Unione Europea, anche per mettere fine a questa ecatombe, ha raggiunto un’intesa con la Turchia, impegnatasi ad aprire sei centri di accoglienza, mentre tra due giorni ci saranno i primi ricollocamenti dall’Italia verso la Svezia. Si tratta di una ventina di eritrei e fanno parte del grupo di 40 mila previsti su scala Ue. Si aprono nel frattempo le polemiche dopo l’indiscrezione del giornale britannico Times, per il quale esisterebbe un “piano segreto”, elaborato dai vertici dell’Unione Europea, per espellere oltre 400 mila persone entrate in Ue nel corso dei primi sei mesi del 2015, e la cui richiesta di asilo è stata respinta. E’ intanto ufficialmente in vigore la “Fase2” della EuNavFor Med, la missione antiscafisti dell’Unione Europea. Da oggi, navi e velivoli dei vari Paesi europei potranno abbordare, ispezionare e sequestrare imbarcazioni sospettate di essere utilizzate dai trafficanti di esseri umani. Preoccupazione è stata espressa dal Cir, il Consiglio italiano rifugiati, per il quale procedendo ad azioni di deterrenza, senza aver creato alternative possibili, come l’apertura di canali sicuri e legali per chi ha bisogno di protezione, i viaggi dei rifugiati diventano ancora più disperati. 

Dopo la tragedia del 3 ottobre 2013, a Lampedusa, che ha visto la morte di centinaia di migranti, l'Unione internazionale delle Superiore generali (Uisg) ha dato il via a un progetto che mira a realizzare piccole equipe intercongregazioali e internazionali di religiose che avranno come obiettivo ascoltare e accogliere i migranti che sbarcano in Sicilia e divenire al tempo stesso ponte tra loro e le popolazioni del territorio. Al microfono di Fabio Colagrande, suor Elisabetta Flick, delle Ausiliatrici del Purgatorio, responsabile del Progetto Sicilia dell'Uisg:

R. – Io penso ci sia molto bisogno di questo ponte informale, perché le nostre sorelle vengono proprio dai Paesi da cui provengono molti immigrati – dall’Eritrea, dall’Etiopia – e quindi possono parlare la lingua della persona che si accosta a noi.

D. – Un dato molto interessante del vostro progetto è che voi volete partire senza sapere a priori cosa fare e come muovervi, perché?

R. – Perché se noi partiamo con un progetto già rigido e definito ci "incolliamo", non ci muoviamo più. Noi dobbiamo andare con occhi molto aperti, orecchie molto aperte, soprattutto un cuore disponibile a cogliere, da un lato, la realtà della gente che vive in Sicilia e che è molto attenta ai problemi materiali delle persone. Il passo in più, però, è quello di creare delle relazioni tra le persone dei due campi: non basta la carità, bisogna arrivare a creare comunione e relazione. La nostra équipe, in un certo senso, può essere già una testimonianza che è possibile vivere insieme – indiane, eritree, congolesi, italiane – e questa è la prima testimonianza silenziosa. L’altro punto sarà poi lavorare per integrarci noi per prime nel territorio e vedere quali sono le urgenze. Solo quando avremo visto quali sono le urgenze che non sono coperte da altri, potremo vedere come intervenire.

D. – Lei ipotizza già quali potrebbero essere i campi d’azione di questa équipe?

R. – Io penso a dei centri di ascolto, inizialmente, per poter accogliere le richieste della gente e poter poi spiegare loro, perché molte volte le spiegazioni sono date, ma in lingua, per cui loro capiscono difficilmente, e poi per accompagnarli in questo cammino di possibile integrazione, per quelli che desiderano integrarsi.

D. – A che punto è il “progetto Sicilia”?

R. – Il progetto ha cominciato il programma di formazione. Il primo punto fondamentale è la costruzione della comunità. Le sorelle avranno dei seminari con una religiosa psicologa, per vedere come è possibile creare una comunità che non è solo diversa per lingua e per Paesi – a questo siamo già abituate – ma è diversa per carismi. E quindi bisogna mettere insieme i carismi di ciascuna e trovare il punto che le accomuna e che, mi sembra evidente, è il Cristo e la missione che le ha affidata. La maggior parte delle religiose che arrivano sono religiose che hanno lasciato i loro Paesi, che sanno cosa significa essere fuori della loro terra.

D. – Oltre alla lingua dei migranti, però, queste religiose dovranno conoscere anche un po’ di dialetto siciliano?

R. – Questa sarà la grossa sfida! Per ora, il corso di formazione prevede un corso di italiano base, tutte parlano l’inglese e sarà la loro lingua comune, anche per comunicare con i centri eventualmente che operano giù. Poi, avranno dei corsi per imparare a conoscere la realtà della Sicilia. Avremo delle persone che vengono dalla Sicilia per raccontare la storia sociale ed ecclesiale dell’isola.

D. – E a quando la partenza per la Sicilia?

R. – Sarà la prima settimana di dicembre.

D. – Qual è il suo auspicio per il “progetto Sicilia”, che sicuramente è la regione italiana che ha più urgenza di realizzare questa integrazione?

R. – La mia speranza, il mio sogno, è quello di non limitarsi a due équipe. Spero che poco alla volta, vista la grande rispondenza da parte degli istituti religiosi, si possano formarne di più. Anche se qualcuno mi ha detto: “Fra poco le rotte si sposteranno. Siete disponibili a spostarvi?”. Io penso che, e ne sono fortemente convinta, se il Signore vuole che ci spostiamo, ci sposteremo.








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