2015-10-08 14:43:00

Intervento di Mons. Gallagher a 50 anni dalla visita di Paolo VI all'Onu


La Chiesa non ha mai smesso di dialogare con il mondo per promuovere la pace, la giustizia, la libertà, la fraternità: è questo, in sintesi, quanto ha detto mons. Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, intervenendo oggi a Brescia alla commemorazione del 50° anniversario della visita del Beato Paolo VI alle Nazioni Unite, il 4 ottobre 1965.

“Essendo nel mondo senza essere del mondo – ha detto il presule - la Chiesa lungo i secoli ha dialogato con il mondo per trasformare tutte le realtà in Gesù Cristo per mezzo dell’amore e, tramite Lui, portare tutte le realtà al Padre. Tuttavia, in ogni momento storico, quel dialogo deve essere rinnovato e riproposto, in risposta agli sviluppi della storia e alle attese dei popoli. Così lo intendeva anche papa Montini, impegnandosi in un dialogo performativo con tutta la realtà e con tutti gli uomini, per il bene degli uomini e per il bene della Chiesa stessa”. 

Mons. Gallagher divide in quattro punti le indicazioni date da Paolo VI alle Nazioni Unite: l’Onu deve offrire agli Stati, quale formula di convivenza pacifica, una sorta di cittadinanza internazionale, che si articola in un sistema ordinato e stabile di vita internazionale. L’Organizzazione esiste e opera per unire le Nazioni, per collegare gli Stati, per mettere insieme gli uni con gli altri, senza lasciar fuori nessuno. L’Onu deve seguire la formula dell’eguaglianza, cioè nessuno Stato potrà essere superiore agli altri. Il patto giuridico che unisce le Nazioni all’Onu deve intendersi quale un solenne giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo perché non ci sia mai più la guerra, in modo che la pace guidi le sorti dei Popoli e dell’intera umanità. 

Tuttavia – afferma mons. Gallagher - Papa Montini aggiunge altri due punti relativi allo sviluppo e alla dignità dell’uomo: innanzitutto, la pace non si costruisce soltanto con la politica e con l’equilibrio delle forze e degli interessi, bensì con lo spirito, con le idee, con le opere della pace.   All’Onu non solo si deve lavorare per scongiurare i conflitti fra gli Stati, ma si deve lavorare con fratellanza per renderli capaci di lavorare gli uni per gli altri. Si deve lavorare per lo sviluppo e per i diritti e i doveri fondamentali dell'uomo, la sua dignità, la sua libertà e, per prima, la libertà religiosa. In questo modo, secondo Paolo VI, la comunità internazionale organizzata interpreta la sfera superiore della sapienza umana e persino la sacralità dell’uomo. Secondo punto, il dialogo internazionale deve fare attenzione anzitutto alla vita dell'uomo che è sacra: nessuno può osare di offenderla. Il rispetto alla vita, anche per ciò che riguarda il grande problema della natalità, deve avere qui la sua più alta professione e la sua più ragionevole difesa.

Si percepisce facilmente – ha detto il presule - che il discorso di Paolo VI all’Onu è una traccia che guiderà anche le parole alle Nazioni Unite di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Francesco. Quelle parole dell’ottobre 1965 - ha concluso - sono anche le linee guide su cui è stata impostata tutta l’attività internazionale della Santa Sede fino ad oggi.








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