2015-10-08 13:10:00

Germania, export registra -5,2%. Baglioni: dati non inattesi


Arrivano notizie negative per la Germania sul fronte economico. Secondo i dati del "Federal Statistic Office", le esportazioni tedesche sono diminuite del 5,2% nel mese di agosto, in maniera più veloce rispetto al culmine della crisi finanziaria globale. Per gli economisti, si tratterebbe del calo più forte registrato dal gennaio 2009, che riflette i contraccolpi del rallentamento della Cina e dei Paesi emergenti. Intanto, giungono accenni di crescita per l’economia italiana: ieri il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha segnalato una crescita del pil “più forte previsto”, rivista al rialzo di 0,1 punti. Maria Caterina Bombarda ha raccolto il commento di Angelo Baglioni, docente di Microeconomia all’Università Cattolica di Milano:

R. – Non sono poi così inaspettati questi dati, nel senso che teniamo conto che c’è un rallentamento in alcuni Paesi, a cominciare dalla Cina, che sono mercati di sbocco molto importanti per la Germania. Infatti, anche il Fondo monetario internazionale di recente ha rivisto al ribasso le previsioni per la crescita mondiale a cominciare dai Paesi emergenti. E quindi è chiaro che questo si riflette in una minore possibilità di esportare per la Germania.

D. – Questo indebolimento della Germania nell’area euro a quali conseguenze potrebbe portare?

R. – E chiaro che, tramite i legami di commercio internazionale, può avere qualche riflesso negativo anche sugli altri Paesi, nel senso che, naturalmente, se rallenta la Germania presumibilmente rallenteranno le esportazioni che anche noi possiamo fare in Germania. D’altra parte, forse, un rallentamento della Germania potrebbe indurre il governo tedesco a essere un pochino più morbido sulle politiche di rigore fiscale, a essere più flessibile a fare una politica fiscale meno restrittiva, e anche una politica salariale che punti ad aumentare i salari e a dare più potere di acquisto.

D. – Che cosa può fare un’Europa “a diverse velocità”?

R. – Reagire e abbandonare la politica di assoluto e totale rigore fiscale, di ancoraggio solo ai paletti del “Fiscal compact” di queste regole. E quindi, soprattutto i Paesi che stanno meglio dal punto di vista della finanza pubblica, come la Germania, dovrebbero attuare una politica più espansiva. Questo dal lato della politica fiscale. Dal lato della politica monetaria, credo che la Bce stia facendo tutto il possibile per evitare la deflazione e per garantire la sopravvivenza dell’euro anche di fronte a problemi come quello della Grecia. Adesso, su questo Paese è stato appena fatto un accordo che almeno per tre anni dovrebbe garantire la stabilità finanziaria. Poi, naturalmente, la risoluzione dei problemi di fondo della Grecia sta anche al governo greco.

D. – In contraltare, c’è l’Italia con una crescita più forte del previsto: il Fondo monetario internazionale ha stimato una crescita del Pil intorno allo 0,8%...

R. – Si tratta, sì, di una revisione al rialzo, però parliamo sempre di un passaggio dallo 0,7 allo 0,8, cioè sempre di uno “0,”. Quindi, è una crescita che sicuramente non ci consente di raggiungere come livello di produzione quello che era prima della crisi del 2007, e degli anni seguenti.








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