“La gioventù cattolica, trasformata da Cristo e dalla sua Chiesa, trasformi l’Asia”: questo, in sintesi, il messaggio emerso dai lavori del Bila III, il terzo incontro dell’Istituto episcopale per l’apostolato laico dei giovani nel continente asiatico. L’evento si è svolto nel mese di agosto a Sabah, in Malesia, ma il comunicato finale è stato diffuso solo in questi giorni. All’incontro hanno preso parte 95 delegati appartenenti a diciotto Commissione episcopali e sei organizzazioni cattoliche per i giovani in Asia.
I giovani hanno sete di Dio, bisogna ascoltarli
Nel documento, si mettono innanzitutto in risalto le sfide riguardanti la Pastorale
giovanile del continente: “I ragazzi cercano una loro identità, la verità, il senso
della vita”, si legge, “hanno sete di Dio e cercano rapporti umani significativi”.
Per questo, scrive il Bila, è necessario che essi “abbiano una guida che li accompagni
nella loro crescita”. Tante, infatti, sono le difficoltà che vivono i ragazzi di oggi:
disoccupazione, migrazione, tratta, lavoro forzato, tossicodipendenza, alcolismo,
prostituzione, mancanza di accesso all’educazione. A tutto questo si aggiungono il
consumismo, la dipendenza dalla tecnologia, l’indifferenza sociale, la discriminazione
religiosa, il proselitismo che “priva i giovani delle opportunità di crescita”.
No a clericalismo e competizione all’interno della Chiesa
Al contempo, anche la Chiesa asiatica si trova a fronteggiare molte sfide, spiega
il Bila, a partire da quella del “clericalismo e della competizione tra i suoi pastori
e le sue realtà interne”. Non solo: la carenza di personale, il ritmo frenetico della
quotidianità, la mancanza di tempo e di energie portano i sacerdoti a “compromettere
la vita di preghiera e la propria cura spirituale”. Nello specifico, poi, della Pastorale
giovanile, si riscontra “l’instabilità delle vocazioni e la mancanza di un riconoscimento
chiaro del ruolo dei laici” in tale settore.
Non giudicare i giovani, ma trattarli con rispetto
Cosa fare, dunque? Il Bila propone alcuni principi-guida e numerose raccomandazioni:
riguardo ai primi, l’atteggiamento suggerito è quello della Samaritana descritta nel
Vangelo di Giovanni, ossia un atteggiamento di “preoccupazione e compassione” verso
tutti i giovani, affinché si sentano “non giudicati, ma trattati con rispetto”. A
loro, spiega il documento, bisogna annunciare “il potere salvifico dell’amore e della
misericordia di Dio”, affinché ne siano trasformati. “Bisogna credere alla gioventù
– continua il comunicato - ed aiutarla a realizzare il suo grande potenziale”, preparandola
anche “all’opera missionaria”.
Formazione costante per operatori pastorali, anche in ambito tecnologico
Di qui, le raccomandazioni a “rispettare e valorizzare i giovani come dono e parte
vitale della Chiesa”, offrendo loro “l’opportunità di incontri regolari con i responsabili
ecclesiali”, “aiutandoli a riscoprire la ricchezza degli insegnamenti della Chiesa
e l’esperienza dell’amore di Dio attraverso i sacramenti”. Al contempo, agli operatori
pastorali del settore si suggerisce di “esaminare nuovi modi per raggiungere tutti
i ragazzi, soprattutto quelli che vivono nelle periferie”, mantenendo una formazione
“aggiornata e costante anche nelle tecnologie ”, usate dai giovani, e “condividendo
risorse ed esperienza tra le diocesi ed i movimenti ecclesiali, in spirito di comunione”.
Chiesa esca da zona-comfort e raggiunga le periferie
E ancora: si esortano gli operatori pastorali ad “incanalare gli ideali e le energie
dei giovani in favore della giustizia sociale”, aiutandoli a “comprendere e ad impegnarsi
nel dialogo ecumenico ed interreligioso”. Perché in fondo, spiega il Bila, “per trasformare
l’Asia, bisogna che la Chiesa esca dalla sua zona-comfort e vada nelle periferie”,
non solo geografiche, ma anche esistenziali. “Nella sequela di Gesù – conclude il
comunicato – dobbiamo sviluppare orecchie, occhi e cuori capaci di ascoltare davvero
i desideri e le ambizioni della popolazione asiatica”. (A cura di Isabella
Piro)
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