2015-10-08 13:42:00

Tripoli frena sull'accordo per il governo di unità in Libia


Il Parlamento di Tripoli ha annunciato che non presenterà i nomi dei candidati per il governo di unità nazionale libico fino a quando non saranno introdotti emendamenti all'accordo. E’ quanto ha affermato, secondo l'agenzia Mena, Awad Magbari, vicepresidente del Congresso, autorità che si oppone al governo, riconosciuto dalla comunità internazionale, di Tobruk. Nelle ore precedenti, l’inviato Onu per la Libia, Leon, aveva dato per probabile la firma dell’accordo entro oggi, escludendo modifiche del testo finale. Intanto, ieri l'ambasciatore libico al Palazzo di Vetro, Ibrahim Dabbashi,  ha assicurato l’appoggio alla bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu, che autorizza un'operazione dell'Ue in acque internazionali contro i trafficanti di migranti nel Mediterraneo.  Fausta Speranza ne ha parlato con Francesco Cherubini, docente di organizzazioni internazionali e diritti umani all’Università Luiss:

R. – L’unico precedente è quello dell’operazione che è stata – fra virgolette – autorizzata davanti alle coste somale, una operazione antipirateria, nella quale – proprio perché siamo in una situazione di incertezza, in relazione alla base giuridica – le Nazioni Unite si sono procurate il consenso dello Stato territoriale che in questo caso era la Somalia. Un contesto - anche lì – scricchiolante, perché naturalmente il consenso deve essere dato dal governo che effettivamente controlla il territorio dello Stato nel quale si svolge l’operazione… Ed è una situazione analoga a quella della Libia, perché anche qui naturalmente ci sono più governi che pretendono – per così dire – di controllare effettivamente il territorio e quello di Tobruk controlla una parte davvero minima. Quindi, anche a fronte di una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza che si appoggiasse sul consenso del governo di Tobruk, non mi sentirei di dire con certezza che l’operazione rimanga nella piena legalità internazionale.

D. – Diamo per raggiunto l’accordo per il governo di unità nazionale. Che cosa può fare la Comunità internazionale per accompagnare una transizione, certo non facile tra le due parti?

R. – In questi casi la prassi precedente insegna che l’uso della forza è sempre fortemente sconsigliabile. Perché? Perché il precedente più simile è di nuovo quello della Somalia, qui non per quanto riguarda l’operazione antipirateria, ma per quanto riguarda quello che è accaduto negli anni Novanta e nel quale lo Stato si era completamente sfasciato. Questo mi sentirei di escluderlo e cioè che l’uso della forza possa risolvere problemi. Però mi pare di capire che proprio in questa direzione stanno andando le Nazioni Unite e soprattutto l’Unione Europea, che naturalmente deve agire sotto il cappello di una autorizzazione delle Nazioni Unite e sempre – non ci scordiamo – con il consenso dello Stato territoriale.

D. – Quali altri strumenti o possibilità ci sarebbero?

R. – Escluso l’uso della forza, la diplomazia in questi casi è l’unica altra strada, è l’unica alternativa possibile, sia in chiave – che interessa forse di più all’Unione Europea – di lotta contro i trafficanti, i cosiddetti smugglers , cioè coloro i quali portano con i barconi i migranti, sia anche per una generale stabilizzazione della zona.

D. - Da una parte, c’è il governo riconosciuto di Tobruk e dall’altra parte c’è Tripoli, un interlocutore difficile da indentificare…

R. – E’ difficile da indentificare, però credo che è con quell’interlocutore che in primo luogo occorrerebbe negoziare. Perché – ripeto – il governo di Tobruk controlla ben poco e soprattutto non controlla la zona dalla quale i barconi partono, perchè quella zona è sotto il controllo del governo di Tripoli. E allora il consenso andrebbe cercato proprio lì. In questo momento mi sembra abbastanza un miraggio, perché è addirittura scettico e ci sono voluti mesi per guadagnare il consenso del governo di Tobruk, quindi figuriamoci con quello di Tripoli. E’ un’operazione molto complicata, però credo che un intervento militare potrebbe soltanto complicare ulteriormente le cose in una zona che è fortemente destabilizzata. Ripeto: il precedente della Somalia dovrebbe insegnare molto da questo punto di vista, proprio perché l’intervento delle Nazioni Unite ha peggiorato solamente la situazione. E’ fallito poi perché si sono ritirati ed è fallito nel contempo anche lo Stato, perché in questo momento la Somalia non è più uno Stato, ma un territorio che è sotto il controllo di diverse fazioni, se le vogliamo chiamare così.








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