2015-10-09 14:19:00

Migranti. Grecia al collasso: altro bimbo muore in mare


Mentre l’Ue avvia il piano di ricollocamenti per i migranti disposto dalla Commissione europea, arriva l’allarme l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Si aggrava la situazione degli arrivi in Grecia: fino a 7.000 al giorno da 4.500 del mese scorso. Domani, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Guterres, visiterà l’isola di Lesbo, principale punto di accesso dalla Turchia, dove anche oggi si registra la morte di un bimbo, imbarcato su un gommone soccorso a pochi chilometri dalle coste. “Un dramma che coinvolge tutti noi e non può diventare normalità”, sottolinea il parroco cattolico di Lesbo e Chios, padre Leone Kiskinis. L’intervista è di Gabriella Ceraso:

R. – Stamattina, come anche nei giorni precedenti, c’è stata l’ennesima morte in mare di un bambino in una spiaggia della nostra isola di Lesbo. Sono tutte persone che cercano di scappare da una realtà incivile e invivibile, per arrivare poi in Europa a cercare un futuro di libertà. C’è il rischio che queste notizie continue, riguardo in particolare la morte dei bambini, ci addormentino le coscienze. Però, non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di persone con una dignità.

D. – Chi è che soccorre materialmente gli abitanti di Lesbo? Gli abitanti, i pescatori? Spesso tocca a loro trovare questi corpi, come succede anche spesso per i pescatori italiani al largo di Lampedusa... Ecco, che cosa succede tra la gente?

R. – Sì, sono proprio i pescatori o gli abitanti del luogo che li accolgono vedendoli in difficoltà, perché queste piccole imbarcazioni – questi gommoni diciamo così – arrivano su spiagge che sono isolate e la gente del luogo li aiuta tanto. Siamo tutti sensibili di fronte a questi drammi.

D. – Spesso, si tratta di cadaveri e molto spesso non sono riconosciuti. Addirittura, c’è una sorta di ricerca, di spazio, anche per una degna sepoltura…

R. – Sì, molto spesso sono chiamato a fare anche una preghiera di affidamento per queste persone che hanno trovato la morte durante il loro tragitto verso la Grecia. È vero che di molti di loro non conosciamo l’identità, perché alcuni non hanno i documenti con sé. E quindi vengono sepolti nei cimiteri comunali, senza nome, solo con un numero sulla loro tomba.

D. – E anche a questo spesso non si pensa, vero?

R. – Esatto, penso che le autorità comunali non abbiano un’altra soluzione. Da parte mia, come sacerdote cattolico sono sempre presente per dare loro una degna sepoltura. Però, è anche vero che – e ne sono al corrente – uno dei cimiteri comunali della città di Mitilene, che è il capoluogo di Lesbo, è pieno – proprio pieno – di queste salme che vengono poste là. Si sta cercando quindi di trovare altro spazio per poter dare a queste persone una sepoltura degna e umana.

D. – A fine mese, a ottobre, Atene – quindi la Grecia – sarà la sede di un grande convegno sul tema del pluralismo culturale, religioso, della coesistenza pacifica nel Medio Oriente: lei che idea si è fatta di questo momento storico che stiamo vivendo? E come pensa che possiamo far prevalere appunto l’idea del pluralismo e dell’accoglienza, sulle paure?

R. – Bisogna per prima cosa pensare che tutti coloro che cercano una vita migliore, sono esseri umani. In queste persone, noi, come cristiani, possiamo vedere il volto di Cristo, che ci chiede di essere aiutato, e che è assetato, affamato, a prescindere dal fatto se siano cristiani o meno… Non possiamo chiudere gli occhi e dire che queste persone non esistono, che non hanno bisogno di aiuto. Questo momento storico anche per la nostra piccola parrocchia – la nostra piccola realtà cattolica­ – è una grande scuola, perché, come ho detto, dobbiamo dare, offrire loro la tenerezza di Cristo.








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