2015-10-13 14:52:00

Giornata Onu disastri ambientali: cooperare per prevenirli


Sono oltre 19 milioni gli sfollati nel mondo solo nel 2014 per cause ambientali. Oltre 157 milioni di persone in 6 anni, dal 2008 al 2014, sono fuggite dai loro Paesi per colpa degli eventi meteorologici estremi. Questi i dati ricordati oggi, nella Giornata internazionale indetta dall'Onu per la riduzione dei disastri naturali che minacciano l'uomo. Si avverte dunque sempre più l’esigenza di prenderci cura della nostra "casa comune", così come ha chiamato la terra Papa Francesco nella sua Enciclica "Laudato si'". Francesca Di Folco ha parlato con Andrea Masullo, presidente di Green Accord, Associazione culturale per la salvaguardia del Creato, del sottotitolo della giornata che, quest’anno, ha per tema la prevenzione e mitigazione degli effetti delle catastrofi:

R. – Chiariamo che i disastri non sono mai naturali: le cause scatenanti sono eventi naturali, ma poi le conseguenze sono dovute all’azione sconsiderata dell’uomo. Quindi, questa Giornata ha un significato molto particolare proprio quest’anno in cui proprio in questo momento in cui siamo alla vigilia dell’incontro di Parigi, della Cop21, che si terrà nei primi giorni di dicembre, e dopo l’Enciclica “Laudato si’”, in cui il Papa ha sottolineato propri l’importanza dello sforzo della famiglia umana a salvare la nostra casa comune, sottolineando soprattutto il fenomeno più grave che è quello dei cambiamenti climatici.

D. – L’attenzione è puntata sul valorizzare le capacità delle persone e delle comunità a ridurre i danni provocati dall’ambiente. Eppure, come specifica Papa Francesco nella sua Enciclica “Laudato si’”, spesso i disastri climatici maggiori si abbattono proprio nelle zone del sud del mondo, in cui le popolazioni sono già vessate da condizioni ostili…

R. – Certo! Questo è il problema che nasce dal momento in cui i disastri naturali non sono più locali, ma diventano disastri globali. Per cui, la causa scatenante avviene nei Paesi ricchi e le conseguenze sono su tutto il pianeta: ma i Paesi ricchi sono più in grado di farvi fronte e porvi rimedio, mentre i Paesi poveri non hanno le risorse sufficienti per difendersi da questi disastri. E’ fondamentale il coinvolgimento della popolazione: altro tema molto sottolineato nell’Enciclica. Cosa che, purtroppo, non sta avvenendo: c’è bisogno di un coinvolgimento sia come informazione, sia come educazione al cambiamento degli stili di vita per abbracciare stili di vita compatibili con la lotta ai cambiamenti climatici. Quindi, responsabilità sì delle nazioni e degli organismi competenti, ma anche delle singole persone.

D. – Oggi, stiamo assistendo a migrazioni dovute a guerre, almeno per la maggior parte. Papa Francesco, nella sua Enciclica “Laudato si’”, scandisce invece bene come molte migrazioni possono essere causate da catastrofi naturali: una per tutte è Haiti…

R. – Certamente. Le guerre, secondo gli analisti che studiano i cambiamenti climatici, sono sempre più guerre non solo per l’accaparramento delle risorse, ma per sfuggire alle conseguenze dei cambiamenti climatici: desertificazione, carenze di acqua potabile, territori resi inabitabili… Ormai sempre più si sta affermando nel fenomeno migratorio, anche nel computo delle Nazioni Unite, la categoria dei rifugiati ambientali: persone che fuggono dall’inquinamento, ma che fuggono anche dalle catastrofi naturali. Certamente, Haiti è uno degli esempi più drammatici di questo, ma ci sono anche esempi – diciamo – che crescono con gradualità e che quindi non creano l’effetto notizia come un fenomeno improvviso come quello di Haiti…

D. – Assennata pianificazione per lo sfruttamento delle terre, migliori sistemi di allerta, oculata gestione ambientale, piani di evacuazione. Quali sono, invece, le regole per mitigare e prevenire i rischi ambientali che ognuno d noi, nel suo piccolo, in base anche alle nuove tecnologie, può attivare…

R. – Alla base di tutto c’è ovviamente l’educazione ambientale. Noi siamo portati a comportamenti standardizzati, dettati dal sistema consumista senza porci il problema delle conseguenze delle nostre scelte quotidiane. La cosa fondamentale è prendere coscienza delle conseguenze delle proprie azioni. Potremmo parlare di uno stile di vita orientato più alla sobrietà e che rifiuti il consumismo ottuso del giorno dopo giorno, dettato dai meccanismi pubblicitari, desideri coatti che ci spingono poi a fare scelte sconsiderate. Sicuramente è uno stile di vita che va riformato e soprattutto un approccio etico alla considerazione dell’ambiente. 








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