2015-10-15 12:30:00

Mons. Forte: Chiesa viva e libera, nessun complotto


Sul clima che si sta vivendo ai lavori sinodali, Fabio Colagrande ha intervistato mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo:

R. – A me sembra che ci sia un clima di grande coinvolgimento di tutti i Padri. Papa Francesco ci ha chiesto di parlare con estrema libertà di tutto. Precisò all’inizio del Sinodo straordinario: “Non c’è nulla di cui non si possa parlare”. E questo si sta realizzando e credo che sia molto costruttivo, perché mostra una Chiesa viva, corresponsabile e partecipe. Tradurre questa partecipazione e questo coinvolgimento in uno spirito di complotti o di divisioni, mi sembra che sia una forzatura di chi guarda solo dall’esterno le cose, senza viverle dal di dentro. Non dimentichiamo che siamo tutti uomini di fede, che sentono responsabilità verso Dio e verso i fratelli. E questo ci unisce ben più fortemente di tutte le possibili ed ipotetiche contrapposizioni partitiche che vorrebbe applicarci.

D.  – La dottrina cattolica sul matrimonio, sulla famiglia non è in discussione, ha dovuto ribadire il Papa nei primi giorni di lavoro. Dunque, quali proposte possono arrivare dal Sinodo?

R. – Oltre che proporre il valore e la bellezza della famiglia, articolandone il significato in modo speciale in risposta alle esigenze e alle sfide del nostro tempo, io credo che una via pastorale molto concreta sia quella che si articola anzitutto nello stile dell’accompagnamento, che significa accoglienza di tutti, compagnia della vita e della fede, dunque vicinanza, ascolto, condivisione; poi  un impegno di integrazione per tutti, perché i carismi e i ministeri di ciascuno siano valorizzati. Ed è nell’ottica di questo cammino di accompagnamento e di integrazione che va valutata anche la diversa forma e intensità di partecipazione di tutti i battezzati, specialmente di quelli che vengono da famiglie ferite, anche nella vita sacramentale della Chiesa.

D. – Una Chiesa che deve essere maestra – si è detto nei Circoli minori – ma anche madre. E’ qui che si vede anche il collegamento con il prossimo Giubileo della Misericordia…

R. – La misericordia è il cuore del Vangelo: una Chiesa che non fosse esperta di misericordia, che non la vivesse e l’annunciasse a tutti, senza distinzioni, non sarebbe fedele neanche al Vangelo. Chi vuole contrapporre verità e misericordia dimentica che la verità del Dio cristiano è l’amore del Dio Trino: dunque la misericordia come centro, cuore, punto di inizio e di orientamento di tutto ciò che noi viviamo. Papa Francesco ce lo ha ricordato in "Misericordiae Vultus". Questo Sinodo sta cercando di capire come questo primato della misericordia possa essere applicato in tutte le forme di vita pastorale nei confronti della famiglia e in particolare delle famiglie ferite.

D. – Un Sinodo che è anche per i pastori presenti un’occasione di ascolto delle famiglie?

R. – Le famiglie sono anche presenti al Sinodo: mi sembra che siano 18, quelle che sono state invitate… Ma, al di là di questo, non dimentichiamo che ognuno di noi, pastore nella propria diocesi, è a contatto con migliaia e migliaia di famiglie. Dunque portiamo nella nostra carne e nel nostre cuore le realtà familiari. Non siamo persone disinteressate o lontane. Questo va ricordato sempre: i membri del Sinodo sono vescovi, i vescovi sono pastori e i pastori sono quelli che sono al servizio di un popolo che amano e che vogliono portare a Dio. Se si tiene presente questo, allora la chiave di lettura di molte delle cose, che i media a volte forzano, viene posta nella giusta luce e le cose si capiscono meglio.

D. – Infine, qual è la strada per trovare una sintesi di fronte a delle divergenze, che pur ci sono come sul tema che lei citava relativo all’Eucaristia per i divorziati e i risposati…

R. – La via è quella di camminare in profonda comunione con Papa Francesco, con il primato del Vangelo  e della grazia, con la gradualità dell’accompagnamento e dell’integrazione. Credo che su questo si potrà trovare un consenso ampio e sarà poi il Santo Padre a definirne le forme in materia concreta, perché è lui il presidente del Sinodo,  cui consegneremo il frutto del nostro lavoro.








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