2015-10-17 14:23:00

Uccisi 3 palestinesi. Twal: attacco a Tomba Giuseppe "intollerabile"


Forti le reazioni in Israele e nel mondo alla violenza che sta investendo la Terra Santa, arrivando fino all'attacco a Nablus, della Tomba di Giuseppe. Il luogo sacro a ebrei, cristiani e musulmani è stato in parte dato alle fiamme da giovani palestinesi. La condanna arriva da Washington, come dal patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, che parla di "profanazione intollerabile". Anche oggi, tra Gerusalemme e Hebron, si sono registrati episodi di violenza: tre palestinesi armati di coltello sono stati uccisi dagli israeliani. A Gaza intanto si vive nel terrore di una nuova guerra e trasmettere i valori del dialogo e della pace è difficile. Lo fa da anni, con i bambini delle scuole elementari, suor Nadila della Congregazione del Rosario. Gabriella Ceraso l’ha raggiunta telefonicamente a Gaza City, nella prima giornata senza scontri a fuoco:

R. – Noi oggi abbiamo trovato il coraggio di uscire perché ce lo hanno chiesto i bambini. Il clima è calmo, la situazione è tranquilla e i bambini oggi sono gioiosi, giocano…

D. – Sono sereni perché intorno non ci sono i bombardamenti …

R. – Sì, specialmente da quando sono cominciati gli scontri a Gerusalemme e a Betlemme, la gente ha paura che arrivi un’altra guerra. Oggi, in Medio Oriente la relazione tra musulmani e cristiani è difficile. Ci sono tante voci, tanti fanatici, soprattutto a Gaza, ma noi facciamo il possibile per educare i bambini ad accettare l’altro, che è diverso per religione, per cultura, in tutto. Noi facciamo il possibile per seminare la pace, l’amore, per insegnare ad amare il nemico. Loro ci chiedono: “Come amare il nemico?”. E’ difficile, ma noi facciamo il possibile, è nella nostra missione.

D. – Si parla di “giornate della rabbia palestinese”…

R. – Sì, ieri sono usciti tanti giovani da Gaza fino a Eretz, e tre di loro sono morti. I genitori non vogliono che escano a manifestare nelle strade, perché non vogliono un’altra guerra.

D. – Ma questo sentimento c’è?

R.  – Sì, sempre, sempre. La gente non può uscire, non si può muovere, nè entrare nè uscire. Gaza è come una grande prigione

D. – Cosa si può fare perché questa rabbia non diventi di nuovo guerra?

R. – Noi possiamo solo pregare. La decisione è nelle mani dei governanti. La violenza porta solo violenza. I genitori inculcano nella testa dei bambini che il nemico è Israele e questo non è giusto. E' difficile per noi sentire i bambini dire :“Noi odiamo tutti gli israeliani”. Per questo tutto l'anno lavoriamo con i bambini insieme a specialisti e psicologi.

D.  – Lei si è fatta un’idea riguardo la situazione attuale, è qualcosa che già si è visto, che si può superare?

R. – Non c’è progresso, il problema è che non c’è unità tra palestinesi. C'è chi segue Hamas, chi segue Fatah, l' unità è molto importante. Quando Abu Mazen dice una cosa, qui fanno il contrario.

D. – Qual è il suo auspicio per il presente e per il futuro?

R. – Noi sempre, anche con i bambini, preghiamo per la pace. Ogni giorno preghiamo la preghiera di San Francesco: “Signore, fa di me uno strumento della tua pace”. Speriamo che i governanti non guardino solo agli interessi della politica. Noi speriamo che vinca la pace, perché quando c’è pace c’è progresso. Sopratutto qui a Gaza, i bambini hanno vissuto tre guerre e questa è una cosa pesante, preghiamo il Signore perché metta nel cuore dei governanti la pace, perché quando nel loro cuore c’è  la pace, loro possono seminare la pace.








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