Il martirio dei cristiani in Iraq è testimonianza della fede in Cristo, a gloria di Dio. Questa la forte testimonianza portata in aula al Sinodo da una coppia di uditori impegnati nella pastorale della Parrocchia caldea di San Giorgio a Bagdad: si tratta di Suhaila Salim e Wisam Marqus Odeesho. Ascoltiamo quest’ultimo al microfono del nostro inviato Paolo Ondarza:
R. - (parole in arabo)
La famiglia ha enormi difficoltà a vivere in Iraq,
manca il lavoro e c’è un senso di precarietà costante, ma con la fede e la speranza
che vengono da Gesù si possono affrontare anche queste difficoltà. E’ a rischio l’esistenza
delle nostre famiglie cristiane, la nostra identità in Iraq. Nella nostra parrocchia
ci sono diverse famiglie sfollate e noi offriamo loro aiuto materiale. Rimanere a
Baghdad per noi è un miracolo. E’ talmente difficile la situazione che quando usciamo
la mattina per andare a lavorare, non sappiamo se e quando faremo ritorno a casa.
La nostra città non è sicura. Un giorno a Baghdad si sono susseguite tre esplosioni
vicino casa nostra: se fossero avvenute qualche minuto prima rispetto a quando si
sono verificate, non sarei qui a raccontarlo.
D. – Avete amici che sono scappati da Mosul o dalla Piana di Ninive?
R. – (parole in arabo)
Conosciamo sette famiglie che hanno lasciato Mosul.
Hanno abbandonato le loro case e ogni loro bene e sono scappate, ma non hanno perso
la loro fede. Io avevo una casa a Ninive: l'avevo fatta edificare per il matrimonio
di mio figlio, ma il degenerare della situazione mi ha obbligato ad abbandonarla,
a lasciare tutto.
D. – Come è possibile vivere, professare la fede in un contesto come quello dell’Iraq, in particolare con la minaccia del sedicente Stato islamico?
R. – (parole in arabo)
Prima dell’avvento del Califfato non avevamo problemi
di convivenza con persone di religione diversa dalla nostra. Vivevamo tutti insieme,
anche con i musulmani. Più del 90% dei miei amici sono musulmani. Io facevo loro i
miei auguri per le loro festività religiose e viceversa. Oggi non è più così. Il sedicente
Stato Islamico non vuole questa convivenza.
D. – Che cosa aspettate da questo Sinodo?
R. – (parole in arabo)
Attendiamo dal Sinodo una voce profetica perché ci
aiuti a tornare a vivere in pace nel nostro Paese con le nostre famiglie. I Paesi
occidentali devono aiutarci a rimanere nelle nostre terre: non vogliamo abbandonarle.
I cristiani devono rimanere in Iraq.
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