2015-10-22 14:00:00

Cei: oltre 88% degli studenti sceglie l'ora di religione


E’ in aumento, in Italia, il numero degli studenti delle scuole superiori che scelgono di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Le punte massime di defezione si registrano in Toscana e in Emilia Romagna, tuttavia al Nord sono ancora il 72,8% gli iscritti, mentre al Sud toccano il 97%. In un articolo pubblicato martedì su “La Repubblica”, si parla di aule semivuote e del rifiuto da parte della Conferenza episcopale italiana, di un accorpamento delle classi, utile secondo il quotidiano, in tempi di “spending review”. Adriana Masotti ha sentito don Daniele Saottini, responsabile dell’Irc, Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica, a cominciare dai dati sulle iscrizioni:

R. – Questa è una polemica molto strumentale che di solito all’inizio degli anni scolastici viene riproposta. I dati realmente rivelano un calo costante, anche se molto leggero. Però l’88,5% su scala nazionale di studenti delle scuole statali che scelgono l’ora di religione, secondo me, è un dato molto positivo. 20 anni fa i dati sugli avvalentesi erano ancora del 93,5%; in 20 anni sono calati di 5 punti in percentuale. Negli ultimi anni, sì, c’è stato un calo più significativo però dall’altra parte la nostra società è cambiata… Comunque, quasi il 30% di studenti non si avvale nelle scuole del nord Italia e questo vuol dire che allora 7 studenti su 10 se ne avvalgono. Quindi normalmente nelle nostre classi ci sono tanti studenti.

D. – Quindi non c’è preoccupazione da questo punto di vista?

R. – C’è preoccupazione per riuscire prima di tutto a valorizzare sempre meglio l’insegnamento della religione cattolica e inoltre valorizzarlo nella società di oggi. Quindi c’è un’attenzione da parte del Servizio nazionale per aiutare gli insegnanti riguardo i contenuti; c’è un cammino per comprendere sempre meglio l’Irc e per rendere l’Irc sempre più attuale perché non è certamente un’ora di catechismo riservata soltanto ai cattolici o a coloro che… altrimenti le percentuali non sarebbero queste.

D. – Però questo equivoco tra l’ora di religione fatta a scuola e il catechismo è ancora molto presente…

R. – E’ presente soprattutto nelle persone che non hanno avuto la possibilità o l’occasione di informarsi. Le normative dello Stato sono molto rigorose in questo senso. Se un insegnante facesse catechismo durante l’ora di religione deve essere richiamato anche dal proprio vescovo perché le indicazioni didattiche lo dicono esplicitamente: “l’insegnamento della religione risponde all’esigenza di riconoscere nei percorsi scolastici il valore della cultura religiosa e il contributo che i principi del cattolicesimo offrono alla formazione globale della persona e al patrimonio storico, culturale, civile del popolo italiano”. Qui non si parla di catechismo, di cammino di fede.

D. – Molto del successo dell’ora di religione dipende proprio dagli insegnanti. La responsabilità dunque è anche della diocesi che li sceglie… ma poi c’è un’attività anche di verifica della loro preparazione?

R. – Certamente, la diocesi attraverso la scelta e la responsabilità del vescovo propone alla singola scuola oppure agli uffici scolastici regionali i nomi degli insegnanti e su questi nomi si raggiunge un’intesa. Non è il vescovo che impone gli insegnanti, non è il vescovo che li nomina, sono dipendenti dello Stato, chiaramente scelti dal vescovo in base ad alcuni criteri di formazione ma anche di coerenza, di testimonianza, di abilità pedagogica… Quindi c’è sempre attenzione verso gli insegnanti, c’è una cura particolare per la loro formazione e, dando uno sguardo generale, posso dire che la gran parte degli insegnanti è molto ben motivata.

D. – Venendo al caso concreto sollevato da “La Repubblica”, quando ci sono numeri esigui di alunni che fanno religione si potrebbero accorpare le classi per un risparmio di personale e di soldi: perché il no della Cei a questa idea?

R. – Ci sono due argomentazioni molto diverse. La prima è che la questione economica andrebbe affrontata in un discorso molto più ampio perché io credo che sia strumentale pensare che per la scuola e per la cultura si debba soltanto tagliare. La seconda è legata alla disciplina in sé: cioè, il percorso che i nostri ragazzi stanno facendo in tutte le discipline è un percorso legato alla propria classe. Certo, lo sforzo non solo degli insegnanti di religione ma anche dei colleghi, ma anche di un dirigente, deve essere quello di aiutare i propri alunni a capire l’importanza di un’ora in più di scuola. La scelta è legata alla scuola italiana e all’investimento per la crescita culturale dei nostri ragazzi. Quindi l’Irc non può essere accorpato. Poi, se lei mi chiede, nella singola situazione, in quella scuola dove ci sono situazioni particolari, allora le vediamo quelle situazioni, ma devono essere ben particolari… L’insegnante è a servizio della scuola e quindi in accordo con il dirigente scolastico e con i colleghi per il bene degli alunni si fanno le scelte migliori.








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