Nella Repubblica Centrafricana, oltr alla povertà, continuano a causare morte e dolore i conflitti causati dai ribelli del gruppo Seleka. È questa la toccante testimonianza che il vescovo di Alindao, mons. Cyr-Nestor Yapaupa, offre ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), la Fondazione di diritto pontificio impegnata anche in questo Paese africano, dove la situazione è molto difficile.
“Seleka prende di mira le strutture della Chiesa”
“Il 2013 è stato un anno terribile”, racconta il presule
ricordando come nel mirino della coalizione ribelle ci fossero proprio le chiese e
le strutture a esse connesse, come i centri sanitari della Caritas. “La comunità cristiana ha sofferto moltissimo – ha aggiunto
– molti parroci sono stati costretti a lasciare le loro parrocchie perché i ribelli
li avevano derubati di tutto e non avevano più di che vivere”. La diocesi si è poi
rimessa un po’ in piedi grazie ai 40 mila euro donati da Acs per le emergenze, finché
nel 2014 la situazione è leggermente migliorata grazie all’arrivo delle forze internazionali
che hanno spinto Seleka a lasciare la capitale, Bangui.
“I cristiani hanno paura a tornare nelle loro case”
Oggi, però, la situazione è ancora a rischio perché
Seleka “possiede molte armi” e la loro presenza scoraggia i cristiani a fare ritorno
nelle loro case. “Per 273 mila abitanti abbiamo solo tre medici – dice ancora mons.
Yapaupa – e anche gli insegnanti hanno paura a tornare”. La Chiesa continua a sostenere
la popolazione, tanto che sono solo le scuole cattoliche a essere rimaste aperte ad
Alindao e ci si sta adoperando per ripristinare l’unità mobile per fornire assistenza
medica nei villaggi. (R.B.)
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