2015-10-25 08:30:00

Pellegrinaggio del popolo dei gitani: Via Crucis al Colosseo


A 50 anni dall’incontro di Papa Paolo VI, durante il Concilio, con un gruppo di gitani a Pomezia, il Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti, insieme a Comunità di Sant’Egidio, Diocesi di Roma e Fondazione Migrantes, ha organizzato un pellegrinaggio del “popolo dei gitani” a Roma. Il primo appuntamento si è tenuto ieri sera con la Via Crucis al Colosseo, presieduta dal cardinale vicario Agostino Vallini. Oggi la Messa al Santuario del Divino Amore. Il servizio di Michele Raviart:


Sono arrivati a Roma in 5000, rappresentanti del popolo gitano provenienti da Paesi d'Europa, Africa e Asia. A 50 anni dalla storica visita di Paolo VI al campo nomadi di Pomezia, che segnò un punto cruciale dei rapporti tra Chiesa e questi popoli - che contano 36 milioni di persone nel mondo - i pellegrini gitani hanno visitato ieri mattina le catacombe romane, per poi partecipare ad una Via Crucis al Colosseo. Il cardinale vicario Agostino Vallini, durante la celebrazione, ha pregato per questo popolo definito emarginato proprio perché gitano. Il pellegrinaggio è anche un incontro delle culture per far conoscere al mondo la storia di un popolo spesso vittima di pregiudizi e ostilità. Non a caso Paolo VI 50 anni fa disse che i gitani si trovano nel cuore della Chiesa, e non alla periferia. Oggi la Messa al Santuario del Divino Amore presieduta dal cardinale Vegliò e un grande concerto di musica gitana a Santa Maria in Trastevere. Domani mattina l'atteso incontrro con il Papa in Aula Paolo VI. 

Sull’importanza dell’incontro tra la Chiesa e gli zingari nel 1965, Fabio Colagrande ha chiesto al cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero che ha promosso l’evento di questi giorni:


R. – Fu un fatto importantissimo perché era la prima volta che il Papa incontrava persone di questa etnia. Quindi, celebrare il 50.mo anniversario io credo sia bene per incoraggiare anche l’impegno pastorale della Chiesa in favore delle popolazioni zingare e non sempre la gente ha atteggiamenti molto positivi verso queste persone. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di un popolo numeroso, in tutto il mondo sono circa 35, 36 milioni. In Europa, sono 12-13 milioni, quindi è una cosa seria.

D.  – Quale fu l’importanza storica della visita alla quale faceva riferimento poco fa? Fu davvero una visita che poi ha lasciato un’impronta molto importante?

R. – Certamente, perché era la prima volta che questo popolo si incontrava con il Papa e c’è stato certamente un avvicinamento tra Chiesa e popolo zingaro perché Papa Paolo VI ebbe quelle bellissime parole: “Voi nella Chiesa non siete nella periferia, nei margini, voi siete proprio il centro, il cuore della Chiesa”. Questa è una bellissima frase che ha colpito questi zingari. In verità, erano nel cuore di Paolo VI, il Papa di una Chiesa che cominciava allora a rivolgere una particolare attenzione a questo popolo, perché prima non c’era mai stato un contatto significativo. E poi sempre è un’opportunità  l’anniversario. Si guarda indietro vedendo quello che uno ha fatto per esaminare quello che uno sta facendo, ma soprattutto penso per il futuro, cercando di fare meglio di quello che è stato fatto e si sta facendo. In una realtà sociale che cambia, la pastorale degli zingari ha bisogno di cambiare, di rinnovare strategie pastorali, nuovi metodi. Quindi, è stato molto importante allora ed è ancora importante, perché da allora si raccolgono i frutti e noi cerchiamo di sensibilizzare il popolo.

D. – Un’altra pagina importante di questa storia della pastorale specifica per i gitani è stata l’udienza di Benedetto XVI del giugno 2011 a circa 2000 rappresentanti di varie etnie di nomadi. Lei era presente, che ricordi ha di quel momento?

R.  – Ricordi bellissimi, intanto per come è nata l’udienza – perché parlando con il Papa, lui ha detto: “Sì, faccio un’udienza privata per loro qui in Vaticano”. Ed era la prima volta che un Papa ha invitato qui a casa sua, cioè nel Vaticano, il popolo gitano. Quindi, anche loro sono stati colpiti ed erano contentissimi, dicevano: “Ah finalmente siamo arrivati in Vaticano, a noi piace molto questo!”. Penso che loro abbiano avuto un’apertura verso la Chiesa e anche la Chiesa abbia avuto un impulso, perché è un popolo con il quale in un modo o nell’altro ci deve essere qualche collaborazione. Nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle Congregazioni religiose dopo questo bellissimo incontro del giugno 2011 si sono fatti passi in avanti. Certo, non è che siamo al top. Bisogna fare tante cose ancora, sia noi avvicinarsi a loro che loro si comportino meglio nella società, si facciano amare di più, perché quei pochi o molti casi poco belli che avvengono con questo popolo nelle società, nelle nostre città, sono una vergogna per loro e in più mettono anche un certo imbarazzo nella popolazione gitana che si è ben inserita nella società.








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