2015-10-26 13:13:00

E' morto mons. Lavagna: autore di teatro, radio, tv e opere liriche


Si è spento ieri a Roma mons. Raffaello Lavagna, per anni collaboratore della Radio Vaticana. Nato a Savona il 22 ottobre del 1918, era autore di teatro, radio e televisione, nonché di canzoni e opere liriche. I funerali si sono tenuti questa mattina nella Cappella del Coro della basilica vaticana. Il servizio di Laura De Luca con l'intervista a mons. Lavagna di Elena Biggioggero:

Il fisico tonico di un trentenne, la capigliatura fantasiosa di un direttore d’orchestra, i lineamenti scavati come in un tronco di quercia: così ricordiamo mons. Raffaello Lavagna, infaticabile autore teatrale e radioteatrale, oltre che regista radiofonico e televisivo e per lungo tempo critico teatrale per la Radio Vaticana. E’ morto ieri a Roma. Fra meno di tre anni ne avrebbe compiuti 100. Originario di Savona, da sempre appassionato di teatro, aveva fatto suo un motto di Pirandello:

“Questa frase diceva: ‘Il teatro è propaganda: ognuno fa la sua, però basta saperla fare’”.

Per la verve risoluta ricordava il don Camillo di Guareschi, per il variegato e qualificato repertorio messo su in 60 anni di carriera poteva competere con Strehler o Ronconi. Dal 1950 al 2011 ha firmato e allestito decine di spettacoli, dimostrando quanto produttiva può essere l’alleanza fra il palcoscenico e l’apostolato. Grandi classici, vite di santi, leggende e favole per bambini, e non solo spettacoli teatrali, ma anche radioscene che impreziosiscono gli archivi Radio Vaticana, allestimento di concerti e libretti di opere liriche, perfino spettacoli di burattini. Da Il gran teatro del mondo di Calderon de la Barca a Marcellino Pane e Vino con le musiche del maestro Alberico Vitalini, da Cuore di Edmondo De Amicis a Assassinio nella Cattedrale di Thomas S. Eliot, da Pinocchio ai Fioretti di san Francesco, fino al Trittico Colombiano e a Il Mistero del Corporale, su musica di Vitalini, portato in scena nl 2004 in occasione del Congresso Eucaristico Diocesano, spettacolo molto apprezzato da Papa Giovanni Paolo II. E anche un testo di grande lungimiranza, "Mio fratello negro", dedicato all’integrazione razziale e alla donazione di sangue:

“Mi aveva impressionato… Fare qualcosa per l’integrazione razziale. Allora inventai – diciamo così – uno spettacolo che poteva essere ambientato sia in America, ma anche in Africa, e in cui c’era una famiglia con un padre razzista, il quale non voleva che suo figlio, Jimmy, fosse amico del figlio della ‘serva’, badante di allora, negra. Quindi, a un certo momento, con il frustino il papà picchia il piccolo negretto e lo caccia via. Naturalmente, con il tema dell’integrazione razziale mi era venuto in mente di fare anche le gare e di abbinare a questo tema anche quello della donazione del sangue. Allora, siccome il bambino negro salva il bambino bianco, ma viene ferito mortalmente – dal momento che si trovano in Africa, in America, in una zona dove non c’è un ospedale – bisogna fare la donazione del sangue per salvare il piccolo. Ci provano la madre bianca, la madre negra, lo stesso dottore ecc.  però – come voi sapete benissimo – se il sangue non è compatibile, la donazione non si può fare. L’unico che non aveva provato con il suo sangue era il padre razzista. Allora mi ricordo sempre che dissi al ragazzo: ‘Tu, vai vicino al papà, lo tiri per la giacca e gli dici’: ‘Papà… perché non provi tu a donare il tuo sangue per salvare il piccolo?’. Il padre naturalmente risponde con un “Uffa!” – non vuol far vedere… – dice ‘Uffa! Avete sempre ragione voi ragazzi…!’. Però alla fine dona il suo sangue. Il dottore dice che il sangue è compatibile. Allora il piccolo bambino bianco, suo figlio, si rivolge al papà e gli dice: ‘Papà, adesso tu non puoi più picchiare il piccolo Tommy’. ‘Perché?’ risponde il papà. ‘Perché adesso, se gli hai dato il tuo sangue, Tommy è un po’ come se fosse mio fratello!’”

Molte le collaborazioni eccellenti di mons. Lavagna, da Andrea Camilleri a Gian Carlo Menotti, da Roldano Lupi a Renato Rascel, da Ernesto Calindri al giovanissimo Claudio Capone, da lui scoperto, da Roman Ukleja a Irene Papas.

“C’era una volta un convento, che un gruppo di frati si erano costruiti, pietra su pietra, sulle rovine di un vecchio castello…”

Mons. Raffaello Lavagna, infaticabile prete con la irrinunciabile missione del teatro e dello spettacolo, cosciente dell’importanza di veicolare il messaggio cristiano in forma gradevole e accattivante: una battaglia che, in anni molto lontani dagli attuali, lo vide spesso alle prese con le comprensibili resistenze di chi vedeva nel palcoscenico una specie di anticamera dell’inferno.

Tra le centinaia di aneddoti della sua lunga carriera amava ricordare l’osservazione che, dopo aver assistito a uno dei suoi spettacoli, un politico locale fece al vescovo: “Eccellenza, io, pur buon cristiano, qualche volta mi dà fastidio, mi scusi, il puzzo delle candele. Però oggi col teatro la predica me l’avete fatta, e anche bene!”.








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