2015-10-27 14:58:00

Kosovo firma l'Asa, importante passo verso l'Unione Europea


Firma oggi a Strasburgo dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, l’Asa, fra il Kosovo e l’Unione Europea. Un documento molto importante per Pristina e per le sue prospettive di integrazione europea. Il Kosovo, ricordiamo, ha dichiarato la sua indipendenza dalla Serbia nel 2008, ad oggi è riconosciuto da oltre cento nazioni, cinque i Paesi dell’Ue che non l’hanno ancora riconosciuto: Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro. Francesco Martino, giornalista dell’Osservatorio Balcani e Caucaso, ha vissuto a lungo in Kosovo, Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

R. – Questo accordo ha un carattere soprattutto politico ed è importante, perché segna il primo passo verso un percorso di avvicinamento del Kosovo all’Unione Europea, che si annuncia però molto lungo e tortuoso. E’ importante anche e soprattutto perché è stato sottoscritto dai 5 Paesi dell’Unione Europea che non riconoscono il Kosovo come indipendente dalla Serbia – ricordiamo che la dichiarazione di indipendenza è arrivata nel 2008. Quindi, direi che, almeno all’atto pratico, le conseguenze saranno soprattutto di tipo politico e meno di tipo economico, visto che, ad esempio, l’esportazione kosovara verso i Paesi dell’Unione europea è oggi a livelli estremamente bassi.

D. – Ci sono altre date importanti, perché si dovrà anche stabilire l’adesione di Pristina all’Unesco, la decisione definitiva verrà presa dalla Conferenza generale dell’organizzazione, in programma dal 3 al 18 novembre. Sappiamo che questo ha sollevato molte e forti polemiche da parte della Serbia, che invece non ha protestato così tanto per la firma dell’Asa, per quale motivo?

R. – Sì, sono due partite parallele ma, in qualche modo, diverse. Rispetto all’Unesco, la Serbia fa muso duro, fa muro contro muro, perché vede probabilmente l’accesso del Kosovo nell’Unesco come un passo verso il riconoscimento formale, a livello internazionale, del Kosovo come Stato indipendente. Rispetto alla firma dell’Asa, e alla partita dell’ingresso nell’Unione Europea del Kosovo, ma anche della Serbia, ricordiamo che il percorso di questi due Paesi è stato formalmente legato proprio da Bruxelles. In qualche modo, Belgrado si è rassegnata all’idea di dover camminare fianco a fianco con il Kosovo, spera però sempre di arrivare alla meta finale senza il riconoscimento formale del Kosovo come stato indipendente. Come questo possa avvenire naturalmente oggi non è dato saperlo. Però, c’è questo differente approccio e differente visione di Belgrado rispetto a questi due processi.

D. – Le accuse della Serbia nei confronti del Kosovo circa la tutela del patrimonio artistico sono fortissime. Tra l’altro, Belgrado ha avuto l’appoggio anche di un ex direttore generale dell’Unesco, Federico Mayor. Si sono quindi detti contrari, accusando i kosovari degli immensi danni al patrimonio artistico avvenuti dopo la guerra. Storicamente questo è giusto?

R. – Secondo me, la domanda più giusta da porsi è se l’ingresso del Kosovo nell’Unesco sia comunque un passo positivo o meno verso la salvaguardia del patrimonio dell’umanità, che oggi si trova sul territorio del Kosovo. Certamente, c’è un peso della storia recentissima molto forte, visto che nel 2004 ci fu un "pogrom" antiserbo che coinvolse in modo importante il patrimonio culturale. Ricordiamo che in Kosovo ci sono movimenti di grandissima importanza, che fanno parte del patrimonio culturale e religioso serbo. Quindi, sicuramente motivi di preoccupazione esistono resta il fatto se l’attuale ingresso nell’Unesco, in qualche modo, vada a garantire una maggiore salvaguardia di questi monumenti, oppure no. Quindi, secondo me, questa è la domanda a cui la conferenza generale dell’Unesco deve trovare una risposta.

D. – Il Kosovo si trova, comunque, anche ad affrontare una situazione di forte protesta al suo interno. Gli scontri al parlamento sono soltanto di pochi giorni fa. C’è una delle opposizioni, un movimento nazionalista, che osteggia, anche in modo piuttosto aggressivo, la politica del premier Isa Mustafa di voler continuare nel dialogo con Belgrado. Questo che segnale è?

R. – Questo è un segnale, direi, di lungo termine in Kosovo. Il governo kosovaro è impegnato da anni in questo percorso di dialogo con Belgrado, che è fortemente condizionato dalla volontà dell’Unione Europea. L’opposizione interna, in Kosovo, naturalmente ha buon gioco nel mettere alla corda tutti i limiti di questo tipo di politica. Quindi, è un tipo di atteggiamento di lungo termine, come dicevo la cosa importante ed anche interessante è che ultimamente la violenza, sia politica che simbolica, dell’opposizione è diventata molto più forte e quindi rimane, comunque, un elemento da tenere sott’occhio quando si guarda al processo nel suo complesso.








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