2015-10-28 13:51:00

Ucraina. Msf espulsa da zone filorusse: servizi sanitari compromessi


Il cosiddetto 'Quartetto di Normandia'  - Russia, Francia, Germania e Ucraina - tornerà a discutere del conflitto nel sud-est ucraino in un incontro a Berlino il 6 novembre prossimo. Intanto un soldato di Kiev è stato ucciso vicino all'aeroporto di Donetsk. E' la prima vittima nel Donbass da metà ottobre, dopo che il rinnovato impegno delle parti per il rispetto degli accordi di Minsk. Preoccupa infine espulsione di Medici Senza Frontiere (Mfs) e di altre organizzazioni internazionali, dalle aree controllate dai ribelli filo-russi. Per un commento, Marco Guerra ha sentito il presidente di Msf Italia Loris De Filippi:

R. – Ci è stato comunicato recentemente che le autoproclamate forze della Repubblica popolare di Donetsk non intendevano continuare a lavorare con noi perché secondo loro c’era una cattiva gestione dei prodotti farmaceutici, degli psicofarmaci. C’erano delle critiche importanti al nostro programma di salute mentale e quindi con questa motivazione ci hanno chiesto da un giorno all’altro di chiudere le attività. Ricordo che questa è una popolazione particolarmente sventurata perché da 18 mesi sta vivendo una situazione drammatica. Noi appunto abbiamo lavorato in tutto questo periodo nella zona su entrambi i lati del fronte – questo va chiarito - ; tutte le attività sono state condotte in modo normale e non abbiamo mai avuto dei problemi particolari.

D. – Cercherete di fare ritorno nelle aree da dove siete stati espulsi? Cosa pensate di fare di fronte a questa situazione?

R. – Tenteremo di negoziare un ritorno e di capire prima di tutto e in modo approfondito su quali basi siamo stati allontanati. Va detto che questa è una popolazione che ha dei bisogni particolarmente importanti. Il sistema sanitario è stato sottoposto a sofferenze inaudite per moltissimi mesi; c’è stato un taglio molto importante del budget relativo ai farmaci, le banche hanno chiuso, le pensioni non sono state pagate. Non sappiamo in che modo servire la popolazione che si appresta a vivere un altro inverno che lì è già iniziato. Ricordiamo che anche alcuni degli ospedali sono stati bombardati. Noi avevamo 62 volontari internazionali e 130 staff locali operativi in Ucraina; in questo momento il fatto di non poter lavorare ci rende particolarmente inquieti.

D. – In vista dei mesi più freddi, quali sono le necessità della popolazione?

R. – Come dicevo i residenti e gli sfollati interni – a volte non ce ne rendiamo conto ma parliamo di un milione di persone  - vivono in condizioni assolutamente precarie, mentre sono  600mila le persone che se ne sono andate dall’Ucraina dirigendosi probabilmente verso la Russia. Come dicevamo prima le strutture sanitarie sono state distrutte, danneggiate, i budget dei vari ospedali ridotti all’osso, … Ci sono moltissimi bambini e molti anziani che si trovano in questa situazione spesso non hanno nemmeno del legno per scaldarsi, per fare un po’ di fuoco all’interno delle case. A questo oggi si aggiunge questa inaudita decisione di metterci fuori che sicuramente non farà bene alla popolazione soprattutto a quelle delle aree nelle quali lavoravamo, perché fino all’altro giorno servivamo circa cento strutture sanitarie dal punto divista dei farmaci, per non parlare dei pazienti affetti da tubercolosi o Hiv che curiamo dal 2012 a Donetsk. In questo momento non siamo in grado di assicurare il rifornimento adeguato.

D. – Qual è la situazione nel territorio controllato dalle milizie pro-russe? Continua la guerra a bassa intensità?

R. – Noi in questo momento non siamo sicuramente nella posizione di poter monitorare l’implementazione della tregua anche perché ovviamente non abbiamo questo tipo di mandato. Le nostre squadre vedono che c’è  stato sicuramente un significante crollo dei combattimenti. Va detto, in maniera molto sincera, che in alcune aree del Paese ci sono ancore delle esplosioni. Quindi è evidente che non è finita e che la situazione di tensione, anche se a bassa intensità, continua. L’impatto sicuramente del conflitto va al di là di questa trattativa, di questa tregua, perché - ovviamente - quelle strutture che erano già in pessime condizioni prima del conflitto, oggi lo sono ancora di più, e non sto parando solo di strutture sanitarie ma di infrastrutture in generale. Per cui malgrado ci siano degli evidenti segni di tregua, la situazione è molto, molto compromessa. Ci vorrebbe un periodo molto più lungo di stabilità per permettere appunto che le infrastrutture vengano rimesse in piedi.








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