2015-10-29 13:00:00

Medio Oriente. Abbas all’Onu: regime di protezione per i palestinesi


Non si arresta la cosiddetta "Intifada dei coltelli" in Medio Oriente: l’ultimo attacco poco fa ad Hebron contro un soldato israeliano e la polizia ha ucciso l’aggressore, un giovane palestinese. Intanto sul fronte diplomatico da più parti vengono avanzate proposte per risolvere questa escalation di violenza, condannata anche da Amnesty International: una risoluzione in sede Onu è stata presentata anche dalla Nuova Zelanda che ha chiesto il congelamento delle nuove costruzioni ebraiche in Cisgiordania e lo stop alle demolizioni delle case dei palestinesi in cambio del fermo da parte dell’Anp del ricorso alla Corte dell’Aja contro Israele. Da Ginevra però il Presidente dell’Anp Mahmoud Abbas ha invocato con urgenza un regime di protezione internazionale per i palestinesi. Ma qual è il clima tra la gente? Cecilia Seppia ha raggiunto telefonicamente in Terra Santa Bernard Selwan Koury, direttore di Cosmonitor ed esperto dell’area.

R. – In tutto il Medio Oriente si respira la stessa atmosfera di tensione e paura e chi ne paga le conseguenze come al solito sono i più deboli che però rischiano di cadere anche nelle mani di quest'estremismo come sta succedendo in questa escalation di violenza.

D. – Ovviamente gli interessi in gioco sono gli stessi, ma sono interessi diversi che stanno riesplodendo in questa che è stata chiamata “la nuova Intifada dei coltelli”?

R. - Io non parlerei di “nuova Intifada”: è una ribellione che ha avuto inizio decenni e decenni fa: quindi sono scontri – rivolte – a intermittenza. È ovvio che, in questo momento storico, considerata l’instabilità presente nella Regione, ciò assume dei contorni, e ha dei risvolti, più pericolosi per entrambe le parti, ma direi soprattutto per lo Stato israeliano. Quest’ultimo sta rispondendo in una maniera militare molto forte e pesante. Da parte della Palestina, l’obiettivo strategico è quello di puntare i fari sulla questione palestinese, fari che si sono affievoliti quasi spenti negli ultimi anni, soprattutto dopo quello che accaduto con le rivolte arabe, e principalmente alla luce di quello che sta accadendo in Siria.

D. – All’Onu il Presidente dell’Anp, Mahmūd ʿAbbās, ha chiesto che venga istituito un regime di protezione internazionale per i palestinesi: secondo lei è fattibile una cosa del genere?

R. – Personalmente sono molto scettico al riguardo, perché si tratta di dichiarazioni politiche – e ne sono state fatte decine e decine di dichiarazioni del genere – ma praticamente, sul campo, un intervento adesso anche politico da parte della comunità internazionale, relativo alla questione palestinese, è molto più complesso; proprio perché sullo scacchiere mediorientale ci sono delle carte che sono ritenute dalla comunità occidentale molto più minacciose per l’intera sicurezza regionale.

D. – Persino dalla Nuova Zelanda è arrivata la proposta di una risoluzione in sede Onu per la ripresa dei negoziati, risoluzione che comporterebbe lo stop delle colonie israeliane in cambio del fermo da parte palestinese del ricorso alla Corte Penale Internazionale. Fondamentalmente però prioritaria resta la soluzione dei “due Stati”?

R. – Questa è la soluzione che resta prioritaria. Alla Nuova Zelanda si è unita anche la Francia per sostenere questa opzione, vedremo.

D. – Che ruolo ha, invece, la Giordania in questo conflitto israelo-palestinese?

R. – La Giordania, è un Paese in prima linea, e lo è da anni, soprattutto con questa nuova dinastia. Io ritengo che, se proprio dobbiamo individuare un attore in grado di far dialogare le due entità – israeliani e palestinesi – questo possa essere un Paese arabo, in quanto conosce meglio le realtà locali, piuttosto che Paesi che si trovano più lontano e che possono dare soltanto un supporto politico. Un Paese come la Giordania potrebbe dare, come ha già fatto, un supporto pratico.

D. – All’Udienza generale Papa Francesco ha messo in guardia dal rischio del fondamentalismo religioso, dal quale – ha detto – “nessuna religione è immune”. E il riferimento, ovviamente, è anche a quanto sta accadendo sulla Spianata delle Moschee…

R. – Assolutamente. Io mi trovo in Medio Oriente, e chi è ora o è stato in Medio Oriente, conosce perfettamente quanto valore, e che ruolo centrale gioca la religione, al di là che si parli dell’islam, del cristianesimo o dell’ebraismo. Quindi il monito di Papa Francesco viene in un momento molto importante, perché il rischio è quello, invece la religione va preservata nei suoi principi e nei suoi valori.








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