2015-10-30 11:00:00

Card. Sandri in Marocco: dialogo interreligioso più che mai necessità


La tolleranza rinasce nell’incontro con il volto dell’altro, quando riconosciamo che è un fratello. Questo il cuore del discorso che il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha tenuto oggi a Fés, in Marocco, intervenendo al simposio “Il dialogo interreligioso, fondamento di tolleranza e incontro”. Il servizio di Roberta Barbi:

Chi sono io? Chi è l’uomo? Perché il dolore o la morte? Sono queste le domande profonde scritte nel cuore umano alle quali le diverse religioni danno risposta; domande che superano il tempo e lo spazio, perché - come afferma la Dichiarazione del Concilio Vaticano II “Nostra aetate" sulle relazioni della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane, di cui ieri la Chiesa ha celebrato il 50.mo anniversario – esse hanno una sola origine, Dio, che è anche il fine ultimo cui tende tutta l’umanità, perciò “i vari popoli costituiscono una sola comunità”. Così il cardinale Sandri ha introdotto la sua riflessione sul dialogo interreligioso, oggi più che mai una necessità, data “l’interdipendenza dei popoli, delle culture e delle religioni nel mondo globalizzato”.

Le Chiese Orientali, esempio di convivenza con ebrei e musulmani
La Chiesa cattolica, in materia di dialogo interreligioso, “concentra l’attenzione sulla verità, la bellezza e il bene presenti nelle varie religioni”: solo così, ricorda il porporato, si può andare verso il mutuo rispetto e un apprezzamento reciproco che si trasforma in stima e proficua interazione delle religioni nella vita concreta. Purtroppo ci sono molte parti del mondo in cui questo rispetto non è ancora realtà, non ha trovato spazio nella vita delle persone oppure è stato pericolosamente insidiato. Come esempio virtuoso, Sandri indica le Chiese Orientali, i cui fedeli da sempre vivono pacificamente accanto ai fratelli di religione ebraica e musulmana: “Ci sono state tensioni – ammette – ma nella vita reale il dialogo accade dentro i villaggi e le città perché si vive insieme”.

“Troppo spesso la conoscenza anche della propria fede è superficiale”
Tra gli obiettivi del dialogo interreligioso, inoltre, c’è anche quello di approfondire la conoscenza della propria religione, attraverso l’incontro con credenti appartenenti alle altre, in spirito di apertura e riflessione. Fu questo alla base della felice intuizione di Giovanni Paolo II che nel 1986 promosse ad Assisi il primo Incontro delle religioni per la pace. Nel nostro mondo fortemente secolarizzato, infatti, la conoscenza della fede è spesso “povera e superficiale”, perciò urge “salvaguardare gli spazi d’incontro” ma anche “i diritti degli altri: il diritto a esistere, dell’integrità fisica e delle libertà fondamentali quali coscienza, pensieri, espressione e religione”.

Diventare costruttori di ponti
Promuovere il dialogo interreligioso, dunque, è affare di tutti, l’impegno a diventare costruttori di ponti e di relazioni. Come ha detto Papa Francesco durante l’incontro per la libertà religiosa a Philadelphia nel settembre scorso, “i seguaci delle diverse tradizioni religiose uniscano la loro voce per invocare la pace, la tolleranza e il rispetto della dignità e dei diritti degli altri”.

Il Marocco: un Paese ospitale
Infine il cardinale Sandri si è rivolto proprio al Paese ospitante il simposio, il Marocco, e lo ha fatto con le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel suo discorso ai giovani di Casablanca nell’agosto del 1985: “Voi siete un Paese ospitale, siete preparati a diventare cittadini del mondo di domani, siete capaci di fare questo dialogo, non volete essere condizionati da pregiudizi, siete pronti a costruire una società fondata sull’amore”. In conclusione, il porporato ha citato un’esperienza, quella dei 7 monaci trappisti prelevati nel 1996 dal loro monastero di Tibhirine, in Algeria, e successivamente uccisi. Il sequestro, avvenuto in piena guerra civile algerina e mai definitivamente chiarito, fu rivendicato dal Gruppo Islamico Armato. Sapevano di essere in pericolo, ma non fuggirono. Una delle vittime, il priore fr. Christian de Chergé, scriveva nel suo testamento: “Bisogna essere preghiera in mezzo agli altri; la pace è un dono di Dio agli uomini, ma è a loro che tocca conservarlo”.








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