2015-10-31 14:12:00

Commissario Tronca a Roma. Giovagnoli: rivitalizzare tessuto sociale


All’indomani delle dimissioni dei 26 consiglieri capitolini che hanno fatto decadere il sindaco di Roma, Ignazio Marino, la crisi dell’amministrazione della capitale italiana continua ad essere al centro del dibattito politico. Questa domenica il prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, entrerà in carica come commissario straordinario del Comune di Roma, mentre nel Pd non si placano le polemiche. Sulla vicenda è intervenuto anche il premier Renzi affermando che “Marino non è vittima di una congiura”. L'ex sindaco afferma: "Sono molto orgoglioso di quello che ho fatto". Per un commento Marco Guerra ha intervistato Agostino Giovagnoli, docente di storia contemporanea alla Cattolica di Milano:

R. – La vicenda Marino certamente si spiega anzitutto con una figura inadeguata, perché estranea, profondamente estranea alla vita della città e che non ha fatto nulla per tutto il suo mandato per recuperare un rapporto vitale con una città che è complessa ma anche ricca di risorse e che certamente lui non ha saputo valorizzare. E intorno a lui c’è stata anche una grande incapacità di tutta una classe dirigente a creare un rapporto vitale tra l’amministrazione pubblica e la città. Quindi c’è questo limite di fondo che mi pare abbia segnato tutta la vicenda.

D. – Ma come si è arrivati a tutto questo?

R. – Io direi che c’è stato un vuoto. Un vuoto anzitutto di presenza nella città, perché è chiaro che c’è una crisi del Partito democratico da cui nasce tutto questo, che è una crisi di assenza di radicamento sul territorio: c’è quindi questo problema di fondo. E poi è mancato, corrispondentemente, un progetto sulla città da parte di una leadership e di una classe dirigente, perché il problema non è solo l’uomo-Marino o il ruolo del sindaco; il problema è “quale” progetto per Roma, una città troppo grande per essere amministrata da un corpo elefantiaco e da una testa che non c’è più! Bisogna ripensare Roma in modo più articolato, dando autonomie ai municipi, rivitalizzando il tessuto sociale di base …

D. – Qual è il problema di questa città che da 20 anni accumula ritardi pesantissimi?

R. – Io non parlerei di ritardi di 20 anni: io direi che i problemi sono emersi in modo più acuto con la giunta Alemanno. Non dimentichiamo che qui sono emersi anche problemi dal punto di vista penale, che poi si riconducono all’inchiesta di “mafia capitale”. Il problema è risolvibile accogliendo l’occasione offerta dalla trasformazione di Roma in città metropolitana, perché questo è il momento per ripensare il futuro di Roma, valorizzando – lo ripeto – tutte le energie di base in un progetto di maggiore articolazione, perché altrimenti questo passaggio diventerà semplicemente un ennesimo passaggio di potere da un gruppo all’altro, una spartizione dei ruoli che non affronta i problemi della città, che non coinvolge la città come invece adesso va fatto per ripensare il suo futuro, coinvolgendo tutte le energie: pubbliche, private, religiose e laiche in un grande sforzo costituente per rilanciare Roma.

D. – Quindi ci vuole un sussulto sia etico che morale, ma anche organizzativo nelle cose pratiche, perché poi abbiamo visto che nella città e nelle periferie il degrado avanza …

R. – Certamente! Un coinvolgimento di risorse morali, ma direi anche di risorse sociali: cioè, in realtà Roma è attraversata da una serie di presenze significative, ma queste presenze non si esprimono per cui è il vuoto che prevale, più che il degrado: il vuoto della periferia in cui poi si innestano strumentalizzazioni come quella che ha fatto CasaPound con gli immigrati e cose di questo genere. Mentre invece rilanciando una presenza sociale, per esempio anche attraverso un impegno delle parrocchie e anche di altri gruppi, questo renderebbe possibile un rilancio di una convivenza operosa e sinergica.

D. – Che prospettive si aprono adesso per Roma?

R. – Io mi auguro che si apra un dibattito, che sia coinvolta la maggior parte non solo delle classi dirigenti ma anche di tutti i gruppi sociali, economici, culturali, religiosi, presenti a Roma, e mi auguro che il clima innestato dal Giubileo della Misericordia faccia guardare avanti, faccia ricordare che Roma resta una grande città, anche dal punto di vista internazionale, che non si tratta di una città qualunque ma di una città speciale che del suo essere speciale, anche per la presenza del Papa, trae energie e possibilità che altre città non hanno.

D. – Ci saranno ripercussioni sull’organizzazione del Giubileo?

R. – Questa crisi potrebbe porre dei problemi nella misura in cui non venga affrontata; ma d’altra parte – ripeto – il Giubileo è un’occasione che dovrebbe servire, dovrebbe essere utilizzata da tutti per rilanciare il futuro della città. Io, comunque, ho fiducia che le autorità – il commissario che è stato nominato, il prefetto – possano affrontare i problemi organizzativi immediati.








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