2015-11-02 14:36:00

Pasolini e il sacro: un ritratto a 40 anni dalla scomparsa


Intellettuale vivace la cui ecletticità l’ha portato ad essere poeta, narratore, drammaturgo, regista cinematografico, Pier Paolo Pasolini era questo e molto altro sviluppando nella sua carriera anche un profilo da filologo, critico e giornalista. A 40 anni dalla tragica scomparsa dell’artista, autore anche di film a carattere religioso come “Il Vangelo secondo Matteo”, è interessante riflettere su che tipo di religiosità fu quella vissuta da Pasolini e sul suo rapporto con il soggetto sacro. Francesca Di Folco ne ha parlato con Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano:

R. – Anzitutto, è legata alla tradizione, all’educazione che aveva ricevuto. La sua religiosità si esprime poi come nostalgia, nel tempo che lui ha vissuto impegnato in varie arti, e riemerge continuamente. Pasolini dice sempre: “Il mio punto di partenza ha un sottofondo non confessionale, ma religioso”. Quando parla del potere dice che “il fondo dell’uomo che accetta la viltà del consumo, della banalizzazione, è un fondo di irreligiosità profonda”. Queste sono chiaramente tracce evidenti in Pasolini, ma non si tratta tanto oggi di dimostrare questo, quanto di comprendere per intero la sua figura, che spesso è come messa solo in un angolo di chiave critica alla società. In realtà, c’è questo sostrato profondo che in lui emerge: un incontro che non è accaduto tra questa profonda religiosità e una presenza che fosse diversa da un’apparente Chiesa trionfante o anche molto impegnata nella politica e che invece andasse incontro all’uomo.

D. – Che relazione aveva con il soggetto sacro?

R. – Il soggetto sacro ha tre livelli. Uno molto legato al tema della terra, cioè del Creato. Nel suo famoso film “Che cosa sono le nuvole”, le due marionette,  i due uomini esclamano: “Ah, straziante, meravigliosa bellezza del Creato”. Questo della bellezza profonda di ciò che c’è stato dato come uomini è per lui il sacro. Il secondo, è quello delle persone; il rapporto umano; la vita. La vita è sacra fino al punto che dibatte con Calvino duramente sul Corriere della Sera sul tema dell’aborto. Lui dice che la vita è sacra e Calvino: “Devi considerare i tempi, le problematiche”. Pasolini risponde: “Voi volete fare fuori il cuore”. Il cuore è ciò che fa l’umano, il sacro presente quindi nella vita, nella persona, nella sua alterità. Il terzo livello è quello dell’antico, cioè del mondo greco, di tutta quella cultura da dove vengono gli scalpellini, gli artisti ignoti che attraversano l’Italia e che lui difende come i grandi costruttori di una civiltà.

D. – Il Vangelo secondo Matteo è un’opera dall’indiscussa intensità spirituale. Quali gli aspetti che ne sottolineano il valore religioso?

R. – Straordinario il suo desiderio di voler raccontare la storia più importante del mondo – lui dice – il fatto di volerlo raccontare come uno dei fatti più alti. “Per me Cristo – dice – è divino in quanto è un fatto della realtà, accaduto, in cui si manifesta in modo più alto l’umanità”. Questa è una certezza assoluta. Nel Vangelo secondo Matteo c’è la spiritualità nel fatto che sono presentati i fatti e nel contempo è come se mancasse un passo oltre. Il passo oltre è il passo di un altro verso di lui. Si sente quella profonda tristezza e anche nostalgia, come di un punto accaduto e che poi rimane come lontano. Non c’è l’incontro nella storia, la contemporaneità di Cristo. Il punto è vivo, ma nel contempo è presente una distanza nella storia.

D. – Pasolini parlava di sé definendosi ateo e materialista, eppure dalla pellicola sopra indicata traspare l’interesse dell’artista per il sacro…

R. – Sì, questa professione di ateo e materialista contraddice quell’affermazione riguardo alla religiosità profonda da cui lui parte. La religiosità per Pasolini è questo profondo sguardo sull’umano, che ha bisogno d’altro per essere compreso. Nel contempo lui dice di essere un ateo, per questo. Devo dire che la Chiesa forse mancava di quella materialità che lui ha trovato nell’ideale di Gramsci, della Resistenza, della lotta sociale, della giustizia, ma soprattutto in un uso della ragione vissuto. Pasolini parla molto della ragione, di viverla in modo critico, quando parla anche dell’educazione. Lui è stato anche un insegnante, la mamma era un’insegnante, e ha amato moltissimo questo aspetto di trasmissione della vita e delle cose. Infatti dice in una sua famosa frase: “Se qualcuno ti avesse educato, non potrebbe che averlo fatto con il suo essere, non con il suo parlare”. Io penso che questo “con il suo essere” sia questo aspetto di religiosità che lui voleva materiale, ma che forse era mancante in quel periodo storico o per lui non c’era stato questo incontro presente nella storia. Allora la materialità materialista vuol dire “facciamo questa storia, viviamola, cambiamo il mondo, proviamo a dire qual è la verità”. 








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