2015-11-03 14:02:00

Turchia: Reporter senza frontiere su stretta alla libertà stampa


Profonda preoccupazione desta la situazione dei media in Turchia, all’indomani della schiacciante vittoria del partito Akp del presidente Erdogan. Il clima di intimidazione e pressioni verso la stampa avrebbe anche pesato sul corretto svolgimento delle elezioni, come denunciato dagli osservatori dell’Osce, che hanno seguito la campagna elettorale. E sono di stamani i primi bombardamenti dopo il voto di domenica effettuati dell’aviazione turca contro postazioni del Pkk curdo, nel Sudest del Paese. Roberta Gisotti ha intervistato Mimmo Càndito, presidente in Italia di Reporter senza frontiere:

Cinquantotto licenziamenti e due arresti di giornalisti, primi atti contro la libertà di stampa, nel nuovo corso del presidente turco Erdogan, che ieri ha invitato il mondo intero a rispettare il suo partito che ha conquistato circa il 50% dei voti. Mimmo Candito, c’è da spettarsi il peggio? 

R. – Sì, sicuramente. Non vi è dubbio, perché la vittoria schiacciante di Erdogan gli dà la possibilità di muoversi con assoluta libertà: praticamente senza controlli, vista anche la sua capacità di influenza sul potere giudiziario e nell’intimidire, mettere un bavaglio o comunque influenzare o condizionare o reprimere i percorsi della libertà di stampa, quale che essa sia e quindi giornali, televisione, radio e gli stessi blog. Teniamo conto che la Turchia è il Paese in cui c’è il più alto numero di giornalisti in galera ed è il Paese che, negli ultimi mesi, ha registrato il licenziamento di mille giornalisti, proprio per pressioni del potere politico.

D. – Cosa può fare la comunità internazionale?

R. – Fare quello che stiamo facendo noi e cioè che gli organi di informazione diano all’opinione pubblica la consapevolezza di quanto sta accadendo laggiù, tenendo conto anche che non è un problema che riguarda un Paese lontano, per il quale si possono esprimere anche liberamente pensieri o condanne, ma che però non ci riguarda. No, la Turchia è un Paese cardine all’interno di tutti i processi politici che si stanno realizzando in questo momento ed è un Paese che sta bussando alla porta dell’Unione Europea da tempo per accedere al ruolo di membro dell’Ue. Come sta succedendo, in qualche misura, anche in Ungheria: l’Ungheria fa parte dell’Unione Europea, ma le forme di repressione e di intimidazione della stampa sono drammatiche. Dobbiamo fare in modo che non si ripetano esempi simili. E allora che fare? Condannare in ogni forma possibile e portare alla consapevolezza l’opinione pubblica di quanto sta accadendo, perché ciascuno poi assuma la responsabilità in ragione del ruolo che ha.

D. – La stessa Casa Bianca ha espresso profonda preoccupazione…

R. – La Casa Bianca è consapevole – altroché se è consapevole – di quanto sta accadendo in Turchia. Allo stesso tempo, però, ha concesso alla Turchia di bombardare violentemente e di reprimere violentemente le formazioni curde, che sono quelle che si stanno battendo contro lo Stato islamico, purché la Turchia concedesse, come di fatto ha concesso, l’uso della base aerea di Incirlik per i raid che gli Stati Uniti d’America, insieme ad altre forze della coalizione, stanno compiendo. I politici condannano, ma poi? Sempre più siamo spinti, in questi ultimi tempi, a un giudizio generale critico, sulla capacità della politica di gestire i processi di evoluzione delle società di oggi. Sappiamo quanto ci siano ambiguità in questi comportamenti della politica e quindi, ancora una volta, quale sia il ruolo dell’opinione pubblica per far pressioni perché ci sia una maggiore coerenza fra le dichiarazioni formali e poi i comportamenti. Io voglio ricordare quando scriveva un secolo fa, nel 1904, Pulitzer, che poi è diventato un grande nome del giornalismo internazionale: “L’opinione pubblica ben informata è la Corte suprema di ogni società”. Tutti dicono: “Sì, è vero”, ma poi l’opinione pubblica non pone l’accento sul fatto di essere “ben informata”. Il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa – e quindi anche quanto stiamo dicendo in questo momento – è sicuramente molto importante, perché attraverso i media si costruisce il consenso e la società politica e i poteri politici non hanno poi la possibilità di realizzare tutto ciò che vogliono se questo consenso non c’è. Quindi, è un circuito chiuso che può diventare infernale: quanto più se ne parla, quanto più si condannano situazioni simili, tanto più si può spezzare questo circuito infernale.








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