2015-11-04 13:48:00

Padre Stabile: Bagheria vive una crescita civile e morale


In Sicilia, la denuncia di 36 commercianti di Bagheria, per decenni taglieggiati dalla mafia, è il frutto di una crescita sociale. Su questa lettura di un atto di ribellione, che ha fatto scattare 22 provvedimenti cautelari per boss e capimafia, sono tutti d’accordo: dagli inquirenti, agli investigatori antimafia, agli uomini di Chiesa, come padre Francesco Michele Stabile, parroco di San Giovanni Bosco a Bagheria, e anche stimato storico della Chiesa. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

R. – Secondo me è il frutto di una maturazione, di un impegno che qui abbiamo portato avanti già a partire dagli anni ’70, perché c’è stata una società civile molto attiva e molto impegnata. Il fatto nuovo è la denuncia: questo è quello che noi come Chiesa vogliamo sottolineare. Domenica prossima leggeremo un documento delle comunità ecclesiali in tutte le chiese, in cui diremo che questa denuncia è una crescita di coscienza civile, ma è anche una crescita morale. Per noi, impegnarsi per la liberazione dalla mafia non è una supplenza alle carenze dell’organizzazione dello Stato. Per noi è un dovere, perché la mafia è l’anti-Vangelo, è contro il Vangelo! Quello che noi vorremmo far risaltare in questo documento è il coraggio di queste persone, che ormai erano veramente sfinite. Con una crisi economica in cui gli esercizi commerciali chiudono e le imprese hanno grandi problemi, è diventato un peso terribile pagare il pizzo!

D. – Lei sottolinea una crescita morale, una crescita civile della società. Ma questa assunzione di coraggio quanto anche ha a che fare con un atteggiamento mafioso mutato? Noi abbiamo consegnato al passato la mafia stragista, e abbiamo visto un’evoluzione diversa del fenomeno mafioso: secondo lei è per questo che c’è anche questa ribellione? La mafia, fa forse meno paura?

R. – Fa meno paura, certamente, fa meno paura. Continua ad esserci, non possiamo negarlo, però ora fa meno paura. Noi abbiamo vissuto la guerra di mafia nei primi anni ’80, ed è stato terrificante: c’erano situazioni di sangue per le strade! Oggi siamo in pace, forse siamo la zona d’Italia dove avvengono meno omicidi. E questi invece cosa fanno? Minacciano, bruciano le macchine! A Bagheria hanno bruciato decine di macchine nel giro di pochi mesi: è la forma dell’intimidazione. L’impegno, anche da parte della polizia e della magistratura, è aumentato ancora di più dopo che è scomparso (arrestato ndr) pure Provenzano. Gli stragisti sono in qualche modo tutti in carcere, e questo è un segno importante da parte dello Stato.

D. – Le istituzioni, dai tempi di Libero Grassi, che fu poi assassinato dalla  mafia, hanno sempre invitato le persone colpite dal racket a denunciare. Ma molte persone taglieggiate, però, che all’inizio hanno immediatamente reagito denunciando i loro estorsori, dopo poco tempo hanno denunciato anche l’abbandono da parte delle stesse istituzioni…

R. – Questo è pure vero, perciò non bisogna lasciarli soli: non possono rimanere da soli! E io credo che la spinta che dobbiamo dare, anche noi come Chiesa, è quella di creare un’opinione pubblica di sostegno, favorevole. Quando facciamo delle manifestazioni, devono esserci, noi ci siamo e noi siamo la società civile. Quindi queste persone (che denunciano ndr) non possono essere lasciate a loro stesse. Stanno mostrando coraggio, perché qui siamo in una zona di grande crisi economica, non c’è sviluppo, e quel poco che si riesce a guadagnare se ne va per il pagamento del pizzo, e questo non è possibile! Dobbiamo sostenere coloro che, in qualche modo, alzano la testa. E la strada è buona. Io mi auguro che il contagio passi anche ad altri, non possono ammazzarci tutti!

D. – Dopo che c’è stata questa denuncia di tutti questi commercianti ed imprenditori, lei che parole ha sentito a Bagheria? Che cosa si è detto nelle strade della cittadina?

R. – La gente nell’insieme è molto favorevole, perché non se ne può più insomma! C’è un livello di rifiuto, la gente vuole lavorare in pace. Io non sono neanche riuscito a comprare il giornale, perché erano già tutti esauriti. La gente è piuttosto favorevole. Poi magari ha paura, si ritira, non si vuole compromettere e noi dobbiamo spingerla a compromettersi, dobbiamo creare fiducia nel fatto che chi rappresenta lo Stato sia persona pulita e trasparente. Dobbiamo essere vigilanti. Come Chiesa non ci possiamo tirare indietro, ma non da soli, perché non credo che la Chiesa da sola possa affrontare questi problemi. Abbiamo bisogno di farlo insieme a una rete della società civile, e in questo c’è una buona collaborazione. Concluderemo questo nostro intervento domenica con l’invito all’Anno della Misericordia, e cioè che queste persone si convertano perché è l’Anno della Misericordia!








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