2015-11-05 19:23:00

Egitto:si fa strada l'ipotesi dell'attentato all'aereo russo


Anche Londra avalla la tesi dell’attentato terroristico riguardo al disastro dell’aereo russo nel Sinai, costato la vita a 224 persone, dopo che ieri l'intelligence Usa ha parlato di "bomba a bordo". Mosca e Il Cairo chiedono di aspettare i risultati delle indagini, ma molte compagnie aeree Occidentali hanno sospeso i voli per Sharm El Sheik, dove centinaia di turisti sono in attesa di partire. Il servizio di Marco Guerra:


 

Sarebbero alcuni messaggi intercettati tra i terroristi ad avallare l'ipotesi di una bomba sull’aereo russo nel Sinai. Lo hanno riferito fonti dell'intelligence Usa alla Cnn. Sale quindi l’allerta terrorismo tra le diverse cancellerie. Il premier britannico Cameron chiamerà il presidente russo Putin, per spiegargli i timori di Londra che hanno portato al blocco dei voli da e per Sharm el-Sheikh. In mattinata il leader conservatore ha definito come “più probabile” l’ipotesi della bomba. La pista è quella dello Stato islamico che avrebbe piazzato l’ordigno con la complicità di qualche addetto dello scalo. Il Cairo, dal canto suo continua a escludere l’atto terroristico e, insieme a Mosca, chiede di attendere i risultati dell’indagine. La tragedia del Sinai rischia infatti di essere una catastrofe per l'industria turistica egiziana. E sono già pesanti le ripercussioni all’aeroporto di Sharm: solo otto Paesi europei non hanno sospeso i voli; centinaia i passeggeri bloccati. Intanto le indagini vanno avanti. La scatola nera con le voci della cabina è stata danneggiata, ma la verità potrebbe emergere da quella con i dati di volo. Ma è possibile che il Califfato si sia impossessato di esplosivi ad alto potenziale da impiegare in eventuali attentati aerei? Risponde Arturo Varvelli, responsabile dell’osservatorio sul terrorismo dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), intervistato da Giada Aquilino:

R. – Certamente è un’ipotesi possibile, se i servizi statunitensi si sono espressi in tal senso. Anche perché gli elementi di sicurezza, di antiterrorismo in quella parte di Egitto sono piuttosto blandi e quindi è possibile che la cosa sia avvenuta. Difficile dire, adesso, come i gruppi jihadisti si siano impossessati di esplosivo ad alto potenziale, ma ricordiamo che il sedicente Stato Islamico ha il controllo di gran parte di Siria e Iraq e quindi non è teoricamente così difficile che possano esserci possibilità di arrivare a elementi che possano essere utilizzati per costruire attentati e bombe.

D. – Si può parlare di un cambio di strategia del sedicente Stato Islamico: quindi al fronte terrestre si affiancherebbe quello dell’aria?

R. – Bisogna naturalmente ancora vedere fino in fondo se questa ipotesi verrà validata. Più che in una strategia dal terreno all’aria, rientra benissimo nella strategia mediatica del Califfato, che ha sempre puntato a farci percepire come insicuri e a far percepire come altamente pericoloso e violento il proprio impatto. E quindi un attentato di questo tipo certamente è uno dei punti sui quali baserà la propria comunicazione strategica nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

D. – Potrebbe esserci una sorta di intesa tra Is e al Qaeda? Al Zawahiri avrebbe inviato un suo emissario in Siria in questi ultimi giorni…

R. – Il Sinai potrebbe essere un’area di sperimentazione di questa intesa: diversi gruppi, che prima appartenevano ad al Qaeda e che quindi hanno legami con tale rete, sono passati recentemente – nell’ultimo anno e mezzo – al sedicente Stato Islamico. Quindi lì certamente vi sono legami tra le due organizzazioni. Sappiamo anche che nelle settimane scorse al Zawahiri, il numero uno di al Qaeda dopo la morte di Bin Laden, ha lanciato messaggi piuttosto concilianti nei confronti del sedicente Stato Islamico, pur non riconoscendolo come appartenente alla galassia di al Qaeda e distanziandosene dal punto di vista ideologico e tattico. Bisogna capire come tali messaggi verranno colti dall’Is, ma certamente vi può essere una convergenza delle due organizzazioni in alcuni quadranti geopolitici. E certamente Siria e Iraq - con una pressione esterna più forte adesso, non solamente dalla coalizione internazionale ma anche dai russi - possono essere un campo di sperimentazione di questa convergenza, che rimane su un piano tattico, seppur non strategico.

D. – In questo quadro, la reazione dell’Egitto quale può essere?

R. – L’Egitto è in difficoltà: aumenterà la propria percezione di insicurezza e di instabilità e questo è uno degli elementi che rendono tutto il quadro mediorientale più incerto e più insicuro. Bisogna ricordare che l’Egitto si sente un po’ circondato dalla minaccia jihadista: vede una possibile minaccia jihadista in Libia, dove alcuni elementi dell’Is hanno preso parte del territorio, dove si rifugia – o pensa o teme che si possa rifugiare – la Fratellanza islamica; dall’altra parte ha una situazione come questa nel Sinai, che è proprio territorio, e nella vicina Siria ci sono elementi ulteriori di insicurezza. Quindi in questo momento l’Egitto aumenterà certamente i controlli antiterrorismo e ad esserne ‘vittima’ saranno probabilmente i diritti civili.

 

 








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