2015-11-05 12:43:00

Sinai. Usa: bomba a bordo aereo. Voli sospesi, è caos


Blocco dei voli per Sharm el Sheikh in seguito alle incertezze sulle cause del disastro aereo che ha coinvolto l'Airbus russo precipitato nel Sinai sabato scorso, provocando la morte di 224 persone:  solo 8 Paesi europei non li hanno sospesi, tra cui l’Italia. Allo scalo egiziano è il caos con migliaia di turisti in attesa di ripartire. Intanto si concluderanno stasera le ricerche su un'area di 40 chilometri quadrati nella zona dove sono caduti i resti. Il Cremlino fa sapere che sulle cause della sciagura “nessuna ipotesi può essere esclusa”, dopo che l'intelligence statunitense ha parlato di una bomba a bordo, forse in una valigia, riconducibile al sedicente Stato islamico (Is) o a qualche gruppo ad esso affiliato. Anche la Gran Bretagna, col premier David Cameron, propende per l'ipotesi di un ordigno. L’Egitto al momento respinge la ricostruzione, perché al riguardo mancano “prove o dati certi” da parte degli investigatori. Ma è possibile che il Califfato si sia impossessato di esplosivi ad alto potenziale da impiegare in eventuali attentati aerei? Risponde Arturo Varvelli, responsabile dell’osservatorio sul terrorismo dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), intervistato da Giada Aquilino:

R. – Certamente è un’ipotesi possibile, se i servizi statunitensi si sono espressi in tal senso. Anche perché gli elementi di sicurezza, di antiterrorismo in quella parte di Egitto sono piuttosto blandi e quindi è possibile che la cosa sia avvenuta. Difficile dire, adesso, come i gruppi jihadisti si siano impossessati di esplosivo ad alto potenziale, ma ricordiamo che il sedicente Stato Islamico ha il controllo di gran parte di Siria e Iraq e quindi non è teoricamente così difficile che possano esserci possibilità di arrivare a elementi che possano essere utilizzati per costruire attentati e bombe.

D. – Si può parlare di un cambio di strategia del sedicente Stato Islamico: quindi al fronte terrestre si affiancherebbe quello dell’aria?

R. – Bisogna naturalmente ancora vedere fino in fondo se questa ipotesi verrà validata. Più che in una strategia dal terreno all’aria, rientra benissimo nella strategia mediatica del Califfato, che ha sempre puntato a farci percepire come insicuri e a far percepire come altamente pericoloso e violento il proprio impatto. E quindi un attentato di questo tipo certamente è uno dei punti sui quali baserà la propria comunicazione strategica nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

D. – Potrebbe esserci una sorta di intesa tra Is e al Qaeda? Al Zawahiri avrebbe inviato un suo emissario in Siria in questi ultimi giorni…

R. – Il Sinai potrebbe essere un’area di sperimentazione di questa intesa: diversi gruppi, che prima appartenevano ad al Qaeda e che quindi hanno legami con tale rete, sono passati recentemente – nell’ultimo anno e mezzo – al sedicente Stato Islamico. Quindi lì certamente vi sono legami tra le due organizzazioni. Sappiamo anche che nelle settimane scorse al Zawahiri, il numero uno di al Qaeda dopo la morte di Bin Laden, ha lanciato messaggi piuttosto concilianti nei confronti del sedicente Stato Islamico, pur non riconoscendolo come appartenente alla galassia di al Qaeda e distanziandosene dal punto di vista ideologico e tattico. Bisogna capire come tali messaggi verranno colti dall’Is, ma certamente vi può essere una convergenza delle due organizzazioni in alcuni quadranti geopolitici. E certamente Siria e Iraq - con una pressione esterna più forte adesso, non solamente dalla coalizione internazionale ma anche dai russi - possono essere un campo di sperimentazione di questa convergenza, che rimane su un piano tattico, seppur non strategico.

D. – In questo quadro, la reazione dell’Egitto quale può essere?

R. – L’Egitto è in difficoltà: aumenterà la propria percezione di insicurezza e di instabilità e questo è uno degli elementi che rendono tutto il quadro mediorientale più incerto e più insicuro. Bisogna ricordare che l’Egitto si sente un po’ circondato dalla minaccia jihadista: vede una possibile minaccia jihadista in Libia, dove alcuni elementi dell’Is hanno preso parte del territorio, dove si rifugia – o pensa o teme che si possa rifugiare – la Fratellanza islamica; dall’altra parte ha una situazione come questa nel Sinai, che è proprio territorio, e nella vicina Siria ci sono elementi ulteriori di insicurezza. Quindi in questo momento l’Egitto aumenterà certamente i controlli antiterrorismo e ad esserne ‘vittima’ saranno probabilmente i diritti civili.








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