2015-11-07 13:51:00

Cina-Taiwan: "Insieme per non ripete tragedie del passato"


E’ durato circa un’ora, aperto da una stretta di mano e chiuso da una conferenza stampa in un clima “amichevole”, lo storico incontro dei leader di governo di Cina e Taiwan, oggi a Singapore. E’ il primo dal 1949 quando gli esponenti del Partito nazionalista si rifugiarono sull'isola dopo la sconfitta subita nella guerra civile. Siglati nuovi accordi economici che preludono a un maggior riconoscimento di Taiwan a livello internazionale e stabilito un clima di rispetto reciproco. “Siamo qui – ha detto il presidente cinese – per evitare che si ripetano le tragedie del passato”. A partire da queste parole Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di Ferdinando Mezzetti, esperto di politica del continente asiatico:

R. – Sono parole di buon auspicio e c’è una implicita ammissione che le guerra civile fu una immensa tragedia per tutti, mentre la linea propagandistica del regime è sempre stata che la guerra civile è stata una vittoria della rivoluzione contro i servi dell’imperialismo.

D. – Dal canto suo, Taiwan mette tanto in evidenza rispetto, mezzi pacifici, dignità della gente dell’isola. E’ accettabile questo per la Cina?

R. – Per alcuni aspetti sì, perché la Cina si è sviluppata economicamente e si avvicina al tenore di vita taiwanese. Però, quando si parla di stili di vita si intende tutta una società nella quale si può manifestare. Ma mentre i due presidenti si incontravano a Singapore, a Taiwan l’opposizione era in piazza a manifestare contro questo incontro… La Cina non può accettare pienamente il sistema democratico che vige a Taiwan dalla fine degli anni Ottanta.

D. – Quando si dice che questo incontro di oggi ha confermato che non vogliono mutare lo status quo, che cosa significa?

R. – La Cina è una e Taiwan fa parte della Cina. La riunificazione sarà perseguita con mezzi pacifici. Lo status quo è andare avanti così. Taiwan spera che il sistema politico cinese diventi meno autoritario e allora si porrà, forse, cominciare a parlare di riunificazione. La Cina pensa, invece, che Taiwan da sola sulla scena mondiale non possa più resistere e cercherà quindi una forma di riunificazione, come Hong Kong. Però, i taiwanesi vedono la "lezione" di Hong Kong: le manifestazioni studentesche, dal forte sapore politico, dell’anno scorso sono state represse a. Hong Kong. A Taiwan le manifestazioni politiche non sono represse…

D. – Si è parlato di Taiwan nella Banca regionale dello sviluppo asiatico. Potrebbe essere questo l’inizio di un riconoscimento più ampio, anche a livello internazionale di Taiwan?

R. – Questo della Banca regionale dello sviluppo asiatico, fondata da Pechino, è importante. Ora bisognerà vedere i dettagli: se lo accetta come gruppo fondatore o se lo accetta come una forma di associazione. Però, da parte di Pechino è una mano tesa, perché ormai da molti anni Taiwan è isolata sul piano diplomatico e politico internazionale. Sono rimasti soltanto 22 Paesi che riconoscono la Repubblica di Cina, cioè Taiwan, e sono Paesi emergenti e foraggiati da Taiwan.

D. – E questo potrà mutare nel tempo? Potranno accrescersi? Potrà esserci, per esempio, un riconoscimento maggiore, anche quello dell’Onu?

R. – In alcune organizzazioni internazionali, Pechino ha permesso l’ingresso di Taiwan sotto la forma "Cina-Taiwan" o "Cina-Taipei"… Che possa entrare all’Onu? Ne dubito fortemente, perché Pechino impone la legge che chi riconosce Pechino non può riconoscere Taiwan e chi riconosce Taiwan non può riconoscere e non è riconosciuta da Pechino.

D. – Luci e ombre vengono fuori da come lei ha descritto questo appuntamento. Un suo giudizio complessivo: è veramente stata una tappa storica o no?

R. – L’incontro è storico, non c’è dubbio. Anche perché è avvenuto in vista delle prossime elezioni – a gennaio – che potrebbero essere vinte dagli indipendentisti. Quindi, Pechino pone già un punto: vedete, dice, con i nazionalisti, con i quali abbiamo avuto la guerra civile, riusciamo ad andare d’accordo. Se voi volete gli indipendentisti, la situazione si fa critica e si torna alle tensioni che hanno dominato lo Stretto di Taiwan dal 2000 al 2008, quando gli indipendentisti erano al potere.








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