2015-11-08 12:55:00

Papa: rubare documenti vaticani è reato, le riforme vanno avanti


“Voglio assicurarvi che questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi”. Con queste parole, pronunciate all’Angelus in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha commentato la vicenda dei documenti vaticani Trafugati nei mesi scorsi e pubblicati in particolare in due libri appena usciti. Rubarli, ha detto Francesco, è stato “un reato”, “un fatto deplorevole che non aiuta”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Niente paura, io vado avanti con fiducia e speranza. All’Angelus, Papa Francesco si affaccia dalla finestra più celebre del mondo per dire direttamente e schiettamente, accompagnato da uno scroscio praticamente continuo di applausi, cosa abbia pensato e ritenga di quando accaduto nei giorni scorsi, tra documenti rubati alle sue spalle e libri che li hanno resi noti sostenendo di fare il bene del Papa:

“So che molti di voi sono stati turbati dalle notizie circolate nei giorni scorsi a proposito di documenti riservati della Santa Sede che sono stati sottratti e pubblicati.

Per questo vorrei dirvi anzitutto che rubare quei documenti è un reato. E’ un atto deplorevole che non aiuta. Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare dei frutti, anche alcuni visibili”.

“Corvi” e “Vatileaks”, delatori e manovratori, qualsiasi fossero le loro trame e mire, non gli hanno tolto il sonno e soprattutto – scandisce Francesco con voce ferma, quasi soffocato da migliaia di battimani – non lo distraggono dai suoi dichiarati intenti di rinnovamento, che affida alla preghiera di chi la Chiesa la ama sul serio:

“Perciò voglio assicurarvi che questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi. Sì, con il sostegno di tutta la Chiesa, perché la Chiesa si rinnova con la preghiera e con la santità quotidiana di ogni battezzato. Quindi vi ringrazio e vi chiedo di continuare a pregare per il Papa e per la Chiesa, senza lasciarvi turbare ma andando avanti con fiducia e speranza”.

Anche la riflessione precedente aveva in certo modo fatto da preludio a queste affermazioni, incentrata com’era sul contrasto tra l'autenticità cristiana e la sua “apparenza”. Francesco ha commentato come sempre il Vangelo della domenica, quello della vedova povera che lascia nel tesoro del tempio tutto quanto ha per vivere a differenza dai maestri della legge che, dice, “si pavoneggiano in pubblico” mentre in privato “divorano le case delle vedove”:

“Anche oggi esiste il rischio di assumere questi atteggiamenti. Ad esempio, quando si separa la preghiera dalla giustizia, perché non si può rendere culto a Dio e causare danno ai poveri. O quando si dice di amare Dio, e invece si antepone a Lui la propria vanagloria, il proprio tornaconto”.

I ricchi che gettano nel tesoro monete in quantità, ma per loro superflue, sono ben lontani, osserva il Papa, dal “bell’esempio” di generosità della vedova, che “nella sua povertà – sottolinea – ha compreso che, avendo Dio, ha tutto”:

“Gesù, oggi, dice anche a noi che il metro di giudizio non è la quantità, ma la pienezza. C’è una differenza fra quantità e pienezza. Tu puoi avere tanti soldi, ma essere vuoto: non c’è pienezza nel tuo cuore. Pensate questa settimana alla differenza che c’è fra quantità e pienezza. Non è questione di portafoglio, ma di cuore (...) Amare Dio ‘con tutto il cuore’ significa fidarsi di Lui, della sua provvidenza, e servirlo nei fratelli più poveri senza attenderci nulla in cambio”.

E come spesso ama fare, il Papa condisce l’enunciazione di una verità di fede con un esempio concreto che ne dimostra la forza. L’esempio di una famiglia della sua diocesi in Argentina, che mentre è a tavola a mangiare delle cotolette viene interrotta da un mendicante che ha fame. La mamma chiede cosa intendano fare ai suoi tre figli, i quali di slancio la esortano a dare il cibo al povero. Dunque, questa mamma, spiega il Papa…

“…prende la forchetta e il coltello e toglie metà ad ognuna delle cotolette… ‘Ah no, mamma, no! Così no! Prendi dal frigo…’. ‘No, facciamo tre panini così’. E i figli hanno imparato che la vera carità si fa non da quello che ci avanza, ma da quello ci è necessario (…) Siamo chiamati a dare il tempo necessario, non solo quello che ci avanza; siamo chiamati a dare subito e senza riserve qualche nostro talento, non dopo averlo utilizzato per i nostri scopi personali o di gruppo”.

Al termine dell’Angelus, Francesco ricorda sia il Convegno nazionale della Chiesa italiana, al quale prenderà parte martedì prossimo recandosi a Firenze, sia la “Giornata del Ringraziamento”, che quest’anno ha per tema “Il suolo, bene comune”, che a Roma si svolge  in concomitanza con la “Giornata diocesana per la custodia del creato”, arricchita quest’anno dalla “Marcia per la terra”:

“Mi associo ai Vescovi nell’auspicare che tutti agiscano come amministratori responsabili di un prezioso bene collettivo, la terra, i cui frutti hanno una destinazione universale. Io sono vicino con gratitudine al mondo agricolo, e incoraggio a coltivare la terra in modo da custodirne la fertilità affinché produca cibo per tutti, oggi e per le generazioni future”.








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