2015-11-09 15:46:00

Mons. Nosiglia: al Convegno nazionale i giovani in prima linea


Saranno soprattutto i giovani i protagonisti del V Convegno ecclesiale nazionale, che a partire dal tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, affronterà il trapasso culturale e sociale che caratterizza il nostro tempo e che incide sempre più nella mentalità e nel costume delle persone, sradicando a volte principi e valori fondamentali per l’esistenza personale, familiare e sociale. Giovani testimoni del loro tempo, interpellati a Firenze per dire la loro, come spiega, al microfono di Emanuela Campanile, l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, presidente del Comitato preparatorio del Convegno da lui aperto:

R. – Desideriamo che i giovani non si sentano solo oggetto di cura e di attenzione – pure necessaria – ma soprattutto protagonisti attivi, che possano prendere la parola, essere ascoltati, quindi valorizzati, e anche nelle loro critiche: perché hanno anche delle critiche sia verso la Chiesa sia verso la società, a volte anche abbastanza acute e direi molto concrete. Quindi, è un po’ una scommessa. Per esempio, i due animatori di tutte le giornate, compresa quella in cui viene il Papa, sono due giovani: un ragazzo e una ragazza, che daranno il “la” a tutti i lavori della giornata, li collegheranno, faranno gli animatori dell’assemblea. E così anche nelle relazioni finali ci saranno dei giovani. Quindi, è un taglio giovanile che speriamo possa veramente contribuire a riavvicinare ai giovani e al Vangelo, in modo particolare.

D. – Mons. Nosiglia, cinque Convegni sul solco del Concilio Vaticano II. In cosa allora il Concilio Vaticano II è stato ispiratore?

R. – Certamente, è stato ispiratore di una conversione pastorale, missionaria, molto ampia e molto forte, che ha inciso nelle nostre Chiese. Direi che ha inciso gradualmente. Come sempre, la Chiesa non fa dei “salti mortali”: un vantaggio se vogliamo. Però, io credo che il cammino che ha impresso il Concilio sia stato addirittura anche veloce sia sul piano della liturgia che su quello della pastorale e della teologia, come sul piano soprattutto della missionarietà. Questa è la sfida che Papa Francesco in modo specifico ci pone. Nell’Esortazione apostolica ”Evangelii Gaudium” si dice: “Dovete trovare le vie nuove al cammino della Chiesa nei prossimi anni”. E quindi quali sono queste strade nuove? Alla luce, certo, del Concilio – quindi rimanendo ancorati al rinnovamento promosso dal Concilio – ma di fronte alle sfide di 50 anni dopo – e sappiamo che il mondo di oggi va veramente di corsa: 50 anni sono come una volta secoli e secoli – dobbiamo risvegliare un certo dinamismo che nasca dalla fede, dal Vangelo. Perché per noi il Vangelo è – come dicevo, e come ha detto Papa Francesco in Ecuador – “rivoluzionario”. Dove arriva, il Vangelo cambia: cambia la vita non solo delle persone, ma anche delle famiglie, dei popoli e della stessa società. Quindi, il nostro incontro è un momento di riflessione, ma anche di progettazione per una svolta nuova, ci auguriamo, delle nostre Chiese: che, in un modo carico di speranza, anche di fronte al mondo così difficile di oggi, sappiano gestire la loro testimonianza con linguaggi, metodologie, vicinanze e prossimità nuove e non stare chiusi nel nostro circuito pastorale che a volte si muove all’interno di gruppi, movimenti e parrocchie. Questi, seppur dinamici, sono tutti un po’ autoreferenziali.

D. – E quindi, questo aiuta a leggere i segni dei tempi: dopotutto, la Chiesa come carisma ha questo…

R. – Però, deve anche ascoltare, farsi carico di quello che è il grido dell’umanità ferita e cogliere le esigenze fondamentali della gente, con uno sguardo amorevole sulla realtà e sugli uomini del nostro tempo. Perché siamo sempre abituati a vedere le cose che non vanno – e sono molte indubbiamente – ma essere realisti non vuol dire perdere la speranza che nasce proprio dalla fede e dal Vangelo. Ecco, questo sguardo di riconoscenza, in fondo, e di gratitudine, che è scarso di timore e si permette di leggere i segni dei tempi, parlando il linguaggio dell’amore. Come ci ricorda Papa Francesco, che dice che la verità dell’uomo in Cristo non è opprimente, non è qualcosa di pesante che va contro la liberta. Al contrario, è liberante perché è la verità dell’amore e nascendo dall’amore può arrivare al cuore di ogni uomo. Per questo è concretezza di azione, di gesti, che entrano dentro il vissuto della gente e danno corpo alle loro speranze, alle loro attese, che sono sempre per noi riferite al Vangelo. Perché in Cristo possiamo trovare tutte le vie necessarie per dare una scossa salutare anche alla nostra società. Io penso che la speranza cristiana abbia seminato nella storia del nostro popolo un patrimonio di umanità, di santità e di civiltà, che è stato esemplare per il mondo intero e non può non esserlo anche oggi.








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