2015-11-12 14:04:00

Convegno alla Gregoriana sulla storia della Chiesa coreana


Si è svolto ieri, presso la Pontificia Università Gregoriana, il Convegno sulla storia della Chiesa cattolica coreana promosso dall’ambasciata della Repubblica di Corea presso la Santa Sede. Un’occasione per ricordare la visita di Papa Francesco dello scorso anno e per confrontarsi sulle nuove sfide pastorali della chiesa locale. Il servizio di Davide Dionisi:

“Tutti noi coreani siamo stati felici per i 5 giorni in cui Papa Francesco è stato in Corea”. Ha esordito così l’ambasciatore di Corea presso la Santa Sede, Francesco Kyung-surk Kim, aprendo i lavori del forum su “Ricordo e speranza”, il convegno sulla storia della Chiesa cattolica coreana, tenutosi ieri sera alla Gregoriana. Ad un anno dalla visita del Santo Padre sono state ripercorse le tappe più importanti dei 230 anni della storia della Chiesa locale, una giovane Chiesa fondata dai laici che conta oltre 10 mila martiri. E proprio del martirio ha parlato mons. Lazzaro Heung-Sik You, vescovo di Daejeon, offrendo una lettura diversa. Un martirio che non consiste nella morte, ma nella vita e negli atti che mettono in pratica l’insegnamento dell’amore di Cristo:

“Mi domando se la Chiesa non sia diventata un comodo salone per ricchi, perdendo il suo ruolo di profezia. La Chiesa fa il suo mea culpa, battendosi il petto. Dunque, vorrei correggere la base della teologia del martirio, mettendo in rilievo la vita al posto della morte e mettendo in comune il frutto con la Chiesa universale. Cercheremo di far risplendere la luce del martirio pratico, condividendo lo spirito del martirio con i fedeli”.

In merito alla riconciliazione tra le due Coree, il vescovo di Daejeon ha sottolineato il ruolo della Chiesa:

“Cercheremo di fare tutto perché il popolo coreano arrivi alla riconciliazione, superando la separazione e il conflitto, e alla fine giunga all’unità piena. Ci prepareremo al recupero dell’unità nazionale non per calcolo politico, ma per amore dell’uomo e della fraternità. Prenderemo un ruolo centrale nella missione in Asia e faremo il punto di svolta nell’evangelizzazione universale”.

Sull’importanza della pace, dell’unità e del dono della riconciliazione ha parlato anche mons. Savio Hon Tai-Fai, segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

“Innanzitutto, la divisione è un fatto politico. Entrano, quindi, in gioco interessi e potere. La Chiesa in Nord Corea non è molto presente. Invece la Chiesa coreana ha cercato di fare qualcosa, ma vedo che ancora il processo è molto lento. Dal mio punto di vista, la storia ha i suoi alti e bassi. Quando, dunque, la gente ha questo desiderio di bene, di felicità, quel desiderio sboccia. Anche la Chiesa porta la felicità tramite il Vangelo, tramite la testimonianza. Io ho molta fiducia, anzi ho visto già non pochi sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose che hanno questa voglia di prepararsi per andare un giorno in Nord Corea. E’ quindi già una cosa molto buona”.  

Una delle grandi speranze della Chiesa in Asia è l’incremento dei laici formati, più coscienti della propria vocazione all’interno della comunità ecclesiale. La Chiesa coreana, in questo senso, è un modello da imitare secondo il cardinale Francesco Monterisi, arciprete emerito della Basilica di San Paolo fuori le Mura, già nunzio apostolico in Corea dal 1983 al 1987:

“Sottolineando di più questi aspetti, che sono caratteristici della Chiesa coreana, cioè la partecipazione del laicato in modo molto più intenso di quello che noi vediamo nelle Chiese dell’Occidente. I laici in Corea hanno una capacità di intervenire nei problemi della Chiesa con molta più presenza, molto più impegno e, seconda cosa, il senso del martirio. Il Santo Padre, in un recente discorso, ha parlato dello spirito del martirio, che deve animare la Chiesa di oggi. Penso che questo senso del martirio, ispirato dalla storia della Corea, che ha visto almeno cento anni di persecuzione, darà forza e vigore alla fede dei cattolici in tutto il mondo, al giorno d’oggi”.








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