2015-11-13 13:03:00

Lutto in Libano dopo gli attacchi a Beirut nel quartiere di Hezbollah


Giornata di lutto in Libano all’indomani del duplice attentato che ha scosso la periferia meridionale di Beirut, controllata da Hezbollah, provocando la morte di 43 persone e il ferimento di altre 240. L’attacco è stato rivendicato su Twitter dai jihadisti sunniti appartenenti al sedicente Stato islamico e dalle brigate "Abdullah Azzam". Unanime la condanna internazionale: dagli Stati Uniti all’Unione Europea fino alla Lega Araba. Ma perché l’Is ha scelto di agire in questo particolare momento? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Matteo Bressan, analista del “Nato defense college foundation”:

R. – La particolarità di questo momento è che probabilmente la Russia non basta. Questa coalizione, alternativa a quella internazionale, composta da Iran, Hezbollah, esercito di Assad e dalla stessa Russia, evidentemente non è sufficiente né ad arginare le minacce del sedicente Stato islamico in Siria né tantomeno a garantire la protezione degli alleati di Assad. Non ci dimentichiamo che, in concomitanza con le operazioni russe, sono stati eseguiti degli omicidi mirati nei confronti di alti comandanti iraniani operanti in Siria. Quindi, in questa ottica, le doppie esplosioni sono un messaggio in un momento in cui effettivamente c’è un’avanzata – seppur lieve, non molto eclatante – delle forze fedeli ad Assad contro i ribelli, e non tanto contro l’Is ad essere onesti... Questa bomba è un messaggio alla base di Hezbollah e al movimento. Il movimento, come è stato giustamente ricordato, è impegnato militarmente dal 2012 e non era ufficiale. Cioè, già c’era ma non si diceva: Hassan Naṣrallāh lo ha confermato pubblicamente nel 2013 che i suoi miliziani erano in Siria e si parla di un impegno di circa 5-6 mila uomini.

D. – Ma quali sono gli interessi del movimento Hezbollah nel conflitto siriano?

R. – Hezbollah è stato storicamente il principale alleato della Siria di Assad. Inevitabilmente, nel momento in cui l’alleato e il protettore si trovavano, come nel 2012, sull’orlo della sconfitta, Hezbollah, coordinata dai miliziani iraniani, dal comandante Soleimani – il capo delle forze armate iraniane, delle operazioni speciali all’estero dell’Iran – ha coordinato insieme la difesa di Assad. È ovvio che, nel momento in cui la Siria dovesse cambiare totalmente collocazione geopolitica – tanto per essere chiari – e trovarsi in un’altra sfera e non più nell’asse Iran ed Hezbollah, quest’ultima avrebbe al suo confine un nemico. Ma evidentemente questo attentato deve obbligare Hezbollah ad aumentare il suo livello di sicurezza, soprattutto nei suoi quartieri. È un messaggio: cioè il "Partito di Dio" sta pagando un prezzo militare in Siria, e l’Is necessariamente si vendica colpendo la base. Quindi, se si colpisce la popolazione, si vuole indebolire Hezbollah che sta sostenendo una guerra molto, molto dispendiosa in Siria.

D. – Quali sviluppi si possono ipotizzare nell’immediato? Quale potrebbe essere la risposta di Hezbollah?

R. – Nell’immediato, abbiamo il fronte diplomatico che vedrà questi giorni a Ginevra un possibile sviluppo, con la proposta che già circolava la settimana scorsa del piano di pace avanzato dalla Russia. Un piano che è tutto da dimostrare se e come possa essere praticabile, ma che fa intuire che c’è una possibilità di un’uscita di scena di Assad seppure non immediata. Sotto il profilo militare, Hezbollah già presidia intere aree all’interno della Siria ed è impegnata in scontri sporadici con vari gruppi ribelli. Certamente, Hezbollah guarda con molta preoccupazione soprattutto la città di Arsal a ridosso del confine siriano, dove, vuoi per il numero molto elevato di profughi e per il continuo movimento di milizie su quel confine, Hezbollah stima che ci siano elementi collegati all’Is già operanti e vicini in territorio libanese. Sostanzialmente, si tratta di un conflitto militare in Siria e di prevenzione e "intelligence" all’interno del Libano.

D. – A livello interno, il Libano come sta vivendo questa preoccupazione per la presenza dell’Is, la crisi economica, e questa costante instabilità politica?

R. – Siamo ormai quasi a un anno e mezzo di assenza del presidente della Repubblica. Poco prima, c’era stata l’assenza di un governo per dieci mesi. C’è un’emergenza umanitaria nota di circa un milione e mezzo di profughi siriani che stazionano – e quindi sono anche un problema per la precaria economia libanese – c’è la guerra alle porte: ci sono tutte queste minacce. Nonostante ciò, nonostante tutte queste preoccupazioni, il Paese ha ancora gli anticorpi per non ricadere in una drammatica guerra civile che sappiamo tutti che cosa ha rappresentato per il Libano.








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