2015-11-14 13:08:00

Attacchi di Parigi: le testimonianze di due giovani italiani


Choc, angoscia e dolore. Sono questi i sentimenti con cui oggi la popolazione francese, e non solo, ripercorre i drammatici momenti degli attacchi a Parigi. Amedeo Lomonaco ha raccolto la testimonianza di una ragazza italiana, Chiara Capone, che si è trasferita nella capitale francese per motivi di studio:

R. – Proprio come qualsiasi altro italiano che è venuto qui, effettivamente ci si rende conto della paura che hanno queste persone solamente a uscire di casa, di prendere una metropolitana, andare al cinema, entrare in un bar per prendere qualcosa da bere con gli amici. I giornali francesi parlano di “absence d’étonnement” che in italiano significa “assenza di stupore”. E’ come se il popolo francese fosse rassegnato, come se questa fosse la sconfitta più grande che si possa avere. È come se non ci si stupisse più che qualcosa possa accadere all’improvviso, che si possa perdere qualcuno di caro all’improvviso. E io, che sono venuta a studiare qui – e avrei voluto vivere un’esperienza un po’ più serena – non mi aspettavo un clima così pesante.

D. – Guardando oggi le strade del quartiere in cui vivi, che situazione puoi percepire anche semplicemente aprendo la finestra?

R. – C’è un silenzio tombale. Non si è mai sentita una Parigi così silenziosa… E’ una cosa incredibile! Ogni sabato mattina, qui c’è sempre tanto movimento. I bambini non vanno a scuola e sono accompagnati dai genitori nei parchi: proprio vicino casa mia ce n’è uno, il parco di Montmartre. Non si sente assolutamente niente: sono tutti barricati in casa e tutti hanno paura e terrore soltanto di uscire.

D. – Stando a Parigi, hai percepito una sorta di distacco da parte dei parigini nei confronti della comunità islamica, che poi è molto presente in Francia, oppure c’è un’integrazione  molto forte?

R. – Sì, io mi sto rendendo conto sempre di più che purtroppo Parigi ha i suoi lati oscuri e soprattutto ha una popolazione con talmente tante etnie che purtroppo queste non si integrano facilmente tra di loro. Ed è visibile. Per chi vive a Parigi, ogni giorno questo è visibile. Un turista che viene per cinque sei giorni vede solo il lato bello di Parigi. Ma purtroppo non è così: ci sono piccoli episodi quotidiani di cui solo chi vive qui si può rendere conto. Forse, questo spiega anche l’assenza di stupore da parte del popolo francese, anche perché queste non sono persone straniere, ma hanno la nazionalità francese. I sopravvissuti del Bataclan hanno detto che loro non hanno sentito differenza di accento. E questo vuol dire che queste persone sono nate in Francia, che sono francesi. Quindi, è come se il male fosse “all’interno”… Si è deciso di bloccare le frontiere, ma il problema è all’interno: si tratta di ragazzi che sono entrati lì come qualsiasi altro giovane italiano o francese, con la differenza che avevano un kalashnikov in mano. Come si può prevedere una cosa del genere? Come si fa ad avere un controllo assiduo, quotidiano, se questa gente fa parte della popolazione francese?

D. – Io sento anche la tua voce molto commossa: come pensi che sarà adesso il tuo futuro a Parigi?

R. – Probabilmente, a differenza di due mesi fa, sto avendo una visione più realista delle cose. Ho la consapevolezza che sto vivendo in una città che, purtroppo, non offre soltanto meraviglie, ma anche questo. Probabilmente, c’è una presa di coscienza che Parigi, oggi, è una città pericolosa.

La Francia sta dunque vivendo con angoscia queste drammatiche ore. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, un giovane italiano, Paolo Gandolfi, che vive in una cittadina a nord di Parigi:

R. – Lo choc purtroppo è fortissimo per tutti noi che viviamo questa situazione terribile. E l’angoscia è quella di vedere le nostre vite costantemente in pericolo dopo questa barbarie. Qui, c’è pochissima gente in giro e c’è veramente un misto di paura e di profonda angoscia… Io vivo a Parigi da un po’ di anni, ho tanti amici che ieri erano in centro e si sono trovati in una situazione di angoscia, nella situazione di dover tornare a casa dopo questi terribili attentati. E quindi, si respira veramente un’ansia palpabile da parte di tutta la cittadinanza. Le preoccupazioni ci sono sempre state, soprattutto dopo quello che era già successo a gennaio, con l’altro terribile attentato a Charlie Hebdo che aveva colpito i giornalisti e altri cittadini. Sappiamo, per esempio, che il presidente Hollande aveva detto che erano riusciti a evitare altri attentati nei mesi scorsi. E quindi si vive – si convive – sempre con l’angoscia terribile che possa succedere qualcosa di grave, come purtroppo quello che è avvenuto ieri. Parigi adesso è veramente una città deserta, silenziosa, e anche attonita dopo quello che è successo.

D. – Dopo quello che è successo può cambiare, e come cambierà eventualmente, il rapporto della popolazione francese con la forte e numerosa comunità islamica presente nel Paese?

R. – Noi viviamo ogni giorno vicino a popolazione di qualunque tipo: islamici; cristiani, cattolici, e di qualunque altra religione, o anche con non credenti. Quindi, il fatto è che non bisogna lasciarsi prendere dal panico e bisogna convivere in pace quotidianamente, cercando sempre il dialogo tra le religioni e tra tutti. Qui, la presenza islamica è molto forte, ma per lo più si tratta di persone integrate, che vivono qui in maniera civile. Purtroppo, gli estremisti ci sono e vanno fermati in ogni modo.

D. – Può questo episodio così drammatico cambiare anche la percezione francese sulla politica estera del Paese?

R. – Certamente, il fatto che la Francia sia in prima linea, sempre in conflitti molto pericolosi e molto gravi, amplifica e complica le cose. La Francia è in prima linea in conflitti e in terre come in Siria in cui interviene militarmente: questo può avere delle conseguenze. La politica estera è questa e quindi penso che abbia un peso rilevante. Bisognerebbe cercare di porre fine alle armi e cercare di far vincere la convivenza civile.








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