2015-11-19 14:11:00

Festival di Bratislava: storie di famiglie da tutto il mondo


Si è da poco concluso il 17.mo Festival Internazionale del Film di Bratislava, in Slovacchia. Una manifestazione giovane con molti film e documentari nelle diverse sezioni, di cui una dedicata al risorto cinema slovacco e una alla famiglia, tema tra i più dibattuti e rilevanti in seno alla società del Paese. Da Bratislava il servizio di Luca Pellegrini.

Il cinema "Mladost", nel centro di Bratislava, ha compiuto centodue anni: è la prima e più antica sala della Slovacchia, un luogo storico e denso di memorie. Il Festival del Film vi sia appoggia per molte delle sue proiezioni, frequentato soprattutto da giovani. Il connubio tra passato e presente è la cifra più interessante di questa manifestazione che anche quest’anno ha presentato un centinaio di film, di cui nove in concorso, affiancati da una sezione dedicata ai documentari, ai corti e al "Made in Slovakia", che presenta le più recenti realizzazioni del cinema nazionale e permette agli ospiti stranieri di rendersi conto dell'industria locale.

Il tema della famiglia
La famiglia è il tema che ha contraddistinto molte delle scelte compiute dal giovanissimo e tenace direttore, Pavel Smejkal. E’ stato un argomento particolarmente dibattuto quest'anno in Slovacchia, dopo che era stato indetto un referendum per proteggere i valori tradizionali. Il dibattito, ci ha raccontato il direttore, non è stato molto fortunato, i toni sono stati molto aggressivi e il referendum accolto male. Per questo il Festival ha inserito nel suo programma film che diano una visione globale della famiglia e delle problematiche sociali e politiche che innesca.

Il successo dell'Iran
Due film iraniani, due asciutte e dolorose storie femminili, hanno ottenuto ben tre premi su quattro: migliore regia a Ida Panahandeh per “Nahid” - una madre che affronta una realtà difficile per proteggere i figli da un padre sbandato - che ha vinto come miglior protagonista maschile, mentre alle due strepitose attrici di “Wednesday, May 9” di Vahid Jalilvand, ossia Niki Karimi e Sahar Ahmadpour - due giovani donne che combattono contro pregiudizi, burocrazia e leggi arcaiche - è andato ex aequo il premio per la migliore interpretazione femminile.

Un mondo disumano
Lo splendido “Un mondo fragile” del colombiano César Augusto Acevedo, nel quale una famiglia di “corteros” circondata dai campi di canna da zucchero che bruciano incessantemente, sottoposta a disumano sfruttamento e assediata dalla perdita, ha vinto meritatamente il Premio per il miglior film, assegnato sia dalla Giuria ufficiale che da quella Fipresci dei critici. Il Festival ha attinto anche ad alcune diverse declinazioni familiari in cui sono le generazioni di adolescenti a cercare un luogo per amare ed essere amati: quello iperprotettivo e claustrofobico, al limite della violenza, del franco-turco Mustang, con cinque ragazze e la loro resistenza a una vera e propria schiavitù che le segrega dal mondo e dalla via; quello nel ceco “Family Film” di Olmo Omerzu, ambientato in un quadro borghese e rarefatto, in cui l'assenza dei genitori e il tradimento aprono tuttavia ad una ricomposizione e al perdono.

Islanda e Cina
Si staglia, invece, su grandiosi scenari naturali, che racchiudono solitudini e crescite difficili, “Sparrows” dell'islandese Rùnar Rùnarson, già vincitore a San Sebastían. Mentre scompaiono nel sottosuolo, inghiottite dal capitalismo, dal progresso e dalle disuguaglianze di classe, le famiglie cinesi di “Uderground Fragrance”, bella opera prima di Penfei, travolte o rigenerate da una inondazione improvvisa. Dalla quale ci si salva aggrappandosi al filo degli affetti. Non certo alle illusioni offerte da una società vorace.








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