2015-11-20 13:06:00

Mali: attacco terrorista all'hotel Radisson di Bamako, 4 morti


Ore di terrore a Bamako, capitale del Mali, dove stamani un commando di uomini armati ha sferrato un attacco all’Hotel Radisson, solitamente scelto dagli stranieri perché considerato un luogo sicuro. Sarebbero 4 le vittime e oltre 80 gli ostaggi liberati alcuni dei quali rilasciati dopo aver recitato versetti del Corano. Il Presidente francese Hollande, che ieri aveva parlato del pericolo in Mali, ha definito l’azione un atto barbarico. Intanto il blitz dei militari all’interno dell’albergo è ancora in corso. Benedetta Capelli:

Cresce la tensione a Bamako. Gli occhi sono tutti puntati sul settimo piano dell’Hotel Radisson dove sono asserragliati tre terroristi, componenti del commando che stamani ha assaltato l’hotel anche con granate al grido di “Allah è grande”. Con loro ci sarebbero degli ostaggi mentre i militari maliani, supportati da truppe francesi e americane, starebbero cercando di avanzare piano per piano per sferrare l’attacco finale. Intanto sul terreno si contano 4 vittime. Delle 170 persone che erano all’interno dell’albergo sono un’ottantina quelle rilasciate – 30 delle quali scappate da sole – alcune sono stati mandate via perché avrebbero recitato versetti del Corano. La Francia, che ha inviato 50 militari dei corpi speciali, “farà il possibile con i suoi mezzi sul campo per ottenere la liberazione degli ostaggi”: ha detto il Presidente Hollande che ha invitato i cittadini francesi residenti in Paesi a rischio a prendere precauzioni. Solo ieri aveva fatto riferimento al Mali sottolineando come il sedicente Stato Islamico consideri la Francia nemica per il suo intervento nel 2013 contro gli estremisti. Intanto il capo della Casa Bianca Obama sta monitorando la situazione e sta rientrando da N'Djamena, il Presidente maliano Boubakar Keita che ha evocato la matrice islamista dell'attacco terroristico. Secondo i servizi segreti del Paese, dietro l’azione ci sarebbe il network jihadista Ansar Din, responsabile di altri azioni sventate proprio dagli 007 maliani. Alcuni testimoni riferiscono di attentatori che tra loro parlavano inglese.

Alla luce dei fatti di Parigi, quello che è accaduto in Mali come può essere letto? Benedetta Capelli ha girato la domanda a Luigi Serra, già preside della facoltà di Studi Arabo-Islamici all’Università Orientale di Napoli ed esperto dell’area:

R. – Possiamo leggerlo in una sola maniera e in un solo modo possibile oggi, nel senso del concatenamento: non accade nulla né nel Maghreb né nel Sahel né magari nel Centrafrica, senza una connessione forte di rabbia, di avversione, di vendetta e di guerra in atto. Parigi dà il segno della sintomatologia dilagante della guerriglia contro l’Occidente attraverso tutti i canali possibili, ed è la reazione, naturalmente.

D. – Era possibile immaginare atti di questo tipo in Paesi innegabilmente legati alla Francia? Ieri, lo stesso Hollande ha parlato proprio del Mali …

R. – Indubbiamente, sì. E’ possibile, e non solo: addirittura sospettabile che ciò accada, perché ciò che accade in Mali non accade per caso e differentemente da ciò che accade nel Niger; ciò che accade in Rhodesia o in Nigeria non accade per un fenomeno localistico, isolatamente da quello che accade altrove. Quindi, Belgio, Francia, disastrosamente – ove dovesse accadere – la nostra Italia, come la Germania pure in allarme, fanno parte ormai di un quadro negativamente strategico ma indubbiamente belligerante dell’uno contro l’altro – alludo a Occidente-Oriente.

D. – Dunque, quanto accaduto in Mali è da leggere nell’ambito di una più ampia azione jihadista nordafricana?

R. – Indubbiamente sì: indubbiamente sì. Il filo forte, sebbene oscuro, che oramai lega il jihad professato, sostenuto, dichiarato, diffuso – oramai – da parte del sedicente Stato islamico, dà ossigeno ai movimenti locali i quali, se uscissero da questi collegamenti con il polo forte dal punto di vista della realizzazione dello spavento, del terrore non significherebbero più nulla. Si polverizzerebbero in una nebulosa che li priverebbe di una forza di incidenza che vanno cercando affannosamente per tenere una identità locale nella lotta di avversione all’Occidente. Quindi il filo di tessitura di questi gruppi locali con l’Is oggi, con la jihad come area centralizzata di diffusione, spiega la permanenza ancora nelle aree locali – Mali, Niger, Nigeria e quante altre – di questi sommovimenti rivoltosi e tragicamente dannosi per la popolazione locale quanto anche per le relazioni internazionali.

D. – Il Mali ha vissuto una lunga crisi politica e militare a partire dal 2012, poi in estate l’accordo siglato tra i tuareg e il governo. Ma com’è oggi la situazione nel Paese?

R. – La crisi degli anni passati indubbiamente sembrava mitigata o – come dire – pianificabile alla luce dei nuovi accordi con le componenti tuareg. I fatti ultimi sembrano aver compromesso questo fragile, debole filo di speranza che gli accordi lasciavano sperare, proprio. Credo che la situazione sia tutta in movimento, su ogni fronte, nel senso che le situazioni drammatiche consumatesi a Parigi, gli annunci di attentati a Roma come a Londra come altrove, mettono in condizione i recalcitranti alla pace, in ogni ambiente – fondamentalista o para-fondamentalista nelle aree maghrebine, saheliane e vicino-mediorientali – danno poca speranza in una non manipolazione di questi avvenimenti anche per rimettere in discussione gli accordi siglati.








All the contents on this site are copyrighted ©.