2015-11-22 13:00:00

Parolin: contro terrorismo no uso della forza come unica risorsa


“Guardando ai contenuti della cronaca di queste ore non si può ignorare che la guerra, l’appello alla guerra, rimane purtroppo un fatto concretamente presente nella convivenza mondiale e l’unico modo di renderla meno inumana è la sua regolamentazione” da parte della Comunità internazionale. Così, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, è intervenuto ad un convegno a Villa Nazareth a Roma per ricordare i 40 anni dagli Accordi di Helsinki, passo decisivo per l’introduzione dei diritti umani nella diplomazia internazionale. Il servizio di Michele Raviart:

Lo spirito europeo appare in questi giorni lacerato e inerme dopo gli attentati di Parigi. Un attacco di estrema barbarie, afferma il cardinale Pietro Parolin, al quale “sembra prevalere come sola risposta la volontà di contrapporsi alla forza delle armi con gli stessi mezzi”. Il pericolo da evitare è quello di una “pace a pezzi”, dovuta ad un unilateralismo che mette da parte principi e regole comuni, in cui ogni Stato è sicuro nel proprio territorio senza la necessaria unità tra le nazioni per un bene superiore. Per questo la risoluzione dell’Onu contro il sedicente Stato Islamico rimane uno sforzo comune da valorizzare:

"Credo davvero che l’importante è che ci sia una sforzo comune. Le Nazione Unite sono l’espressione anche di questa unità della comunità internazionale. Quindi tutto quello che si fa in questa direzione credo sia uno sforzo da valorizzare".

La Santa Sede si dichiara poi pronta ad assicurare ogni possibile contributo perché sia effettivo “il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato”, come ha detto Papa Francesco alle Nazioni Unite, e per evitare che l’immobilismo resti l’unica strategia e le armi la sola risposta. Né è pensabile fronteggiare i conflitti con “tentativi di rialzare barriere per difendere frontiere ormai inservibili a fronte di una forzata mobilità umana”.

Nel segno della pace e del dialogo sarà anche l’imminente apertura da parte di Papa Francesco della Porta Santa a Bangui, in Repubblica Centrafricana:

"E’ un segno di speranza e speriamo che la popolazione accolga questo segnale e idealmente passino tutti, nemici e avversari, attraverso questa Porta Santa"

Il viaggio in Africa comincerà mercoledì prossimo e toccherà anche Kenya e Uganda:

"E’ un viaggio molto importante per il Papa perché si tratta di farsi vicino a una realtà che soffre, una realtà che si trova in difficoltà e quindi il Papa con la sua presenza vuole dare un senso di vicinanza e incoraggiamento. Tutto nel ricordo dei martiri ugandesi, di cui già Paolo VI disse: "Che siano il segno della rinascita dell’Africa”.

Sulla prevista visita del Papa alla moschea di Bangui, è stato affermato, la decisione definitiva sarà presa all’ultimo momento, valutando la sicurezza sul posto.








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