2015-11-24 15:17:00

Il Papa va in Africa e ci costringe a guardare a sud


Un mondo interconnesso

"Francesco vuole ricordarci che non viviamo in un paese o in un continente isolato, ma in un mondo in cui i problemi sono collegati fra loro. Costringendoci, tra virgolette, a guardare verso 'sud', il Papa ci costringe a guardare a questioni sociali, politiche ed economiche che vanno affrontate se vogliamo affrontare la sfida del terrorismo e della violenza integralista". Così, Davide Maggiore, africanista, redattore dell'agenzia Misna, commenta la coincidenza fra l'allarme terrorismo scoppiato in tutta Europa dopo gli attentati di Parigi e l'inizio dell'11° viaggio apostolico di Francesco che si svolge dal 25 al 30 novembre fra Kenya, Uganda  e Repubblica Centrafricana.

 

L'invito al rispetto reciproco in Kenya

"L'invito ai 'fedeli di ogni religione' e alle 'persone di buona volontà' a promuovere 'comprensione' e 'rispetto reciproci', lanciato dal Papa in un videomessaggio alla vigilia della partenza, assume un'importanza particolare in Kenya", spiega ancora Maggiore. "Qui c'è una numerosa minoranza somala che, negli ultimi anni, ha mostrato di poter essere 'infiltrata' dai miliziani jihadisti di Al-Shabaab, attivi nella confinante Somalia, pur non potendo certamente essere identificata con le tendenze di alcuni gruppi minori. Quindi, l'invito di Francesco può essere anche un appello a guardare con gli occhi giusti a una minoranza etnica composta comunque da cittadini kenyani che chiedono rispetto e auspicano di poter vivere accanto ai loro concittadini". "Specie dopo la strage terroristica del campus di Garissa, il 2 aprile scorso, il Kenya si è riscoperto vulnerabile, ma ha anche riscoperto il rischio delle divisioni al suo interno", ricorda ancora Maggiore. "Allora la stampa locale sottolineò la necessità che il Paese affrontasse unito la minaccia terroristica. Un messaggio che credo il Papa ribadirà".  

L'Uganda prosegua la riconciliazione

"Per quanto riguarda invece l'Uganda - prosegue il redattore di Misna - l'invito del Papa alla comprensione e al rispetto può essere letto come un monito a proseguire il processo di riconciliazione che è già in corso dopo le guerre civili, gli scontri che hanno opposto l'esercito regolare e vari gruppi di ribelli nel nord, fra gli anni '80 e l'inizio degli anni 2000. Scontri che hanno una matrice profonda e debbono ancora essere metabolizzati dalla società".

In Centrafica anche i musulmani aspettano un messsaggio di pace   

"Nella Repubblica Centrafricana. terza tappa del viaggio papale  - ricorda infine Maggiore - è in corso da tre anni una sanguinosa guerra civile che affonda le sue radici nella storia del Paese. Squilibri nella gestione del potere fra le popolazioni del nord e del sud. Quest'ultime, infatti, fino allo scoppio del conflitto interno, avevano avuto un po' il monopolio del potere. E' una guerra che nasce dalla lotta per il controllo delle risorse, diamanti, oro e uranio, di cui quel territorio è ricchissimo". "Il Papa troverà purtroppo una situazione in cui il conflitto si è di nuovo infiammato", aggiunge l'esperto africanista. "Sono riprese le tensioni che hanno messo a rischio anche l'organizzazione delle prossime elezioni che a fine dicembre dovrebbero concludere la transizione". "Appunto per questo il Centrafrica attende con particolare speranza il viaggio del Papa: da Francesco, non solo i cristiani centrafricani ma anche i musulmani, si aspettano un messaggio di pace e riconciliazione". 








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