2015-11-28 13:35:00

Declino demografico: necessari nuovi modelli culturali


Un’Italia in declino demografico: è la fotografia scattata dall’Istat nel rapporto 2014 su “Natalità e fecondità della popolazione residente”. Sono quasi 12mila in meno i bimbi nati lo scorso anno, spesso da genitori non sposati, l’8% dei piccoli ha una madre che ha già superato i 40 anni. Di solito si punta il dito sulla crisi economica e lavorativa ma ci sono altre ragioni secondo Paola Ricci Sindoni, presidente dell’associazione “Scienza e Vita”. L’intervista è di Benedetta Capelli:

R. – L’idea è che ci sia davvero da fare un lavoro culturale, perché bisogna restituire alle donne, ma anche alla coppia, il senso vero del tempo. E’ Papa Francesco a indicarci, nella “Evangelii gaudium”, l’idea che noi siamo sempre presi dalla conquista dello spazio e invece dovremmo recuperare il senso vero del tempo. Si tratta di ridare e di riformare dei modelli culturali per la donna, in primis, ma anche per la sua relazione con l’uomo, in cui c’è tempo per ogni cosa – come dice anche la saggezza biblica. Restituire il tempo alle donne significa metterle in condizione di poter star dentro – anche armonicamente – il proprio tempo biologico, quindi restituirle la capacità di inserirsi nel proprio tempo.

D. – Ci sono modelli culturali che puntano a posticipare la maternità, nell’idea che si possa fare un figlio a qualsiasi età …

R. – Dopo che la donna – giustamente – è entrata nel mondo del lavoro, si sono rotti quegli equilibri che avrebbero dovuto consentirle di ricreare un nuovo equilibrio tra lo stare al lavoro e nello stesso tempo, però, poter gestire il proprio bisogno di realizzarsi come madre. Invece, come sempre capita, quando si passa da un modello culturale a un altro, si tende a radicalizzare, a estremizzare. Da qui, appunto, la necessità non di riportare le donne “in casa, a fare figli”, come si dice, ma di restituire loro la possibilità – e qui entra in campo anche l’azione della politica – di mediare i diversi registri del tempo: quindi il tempo del lavoro e il tempo, appunto, della maternità.

D. – C’è anche una pubblicità dilagante che ha abituato le giovani donne a ritenere che sia possibile fare figli a qualsiasi età …

R. – Certamente. Perché le attrici, ma penso anche a grandi personaggi politici, pongono in evidenza come la donna poi, in fondo, non debba essere più schiava dei propri ritmi biologici, perché la scienza, questa grande madre artificiale, tende a sostituirsi al “bios” attraverso, appunto, anche le tecniche di fecondazione omologa, eterologa, utero in affitto e quant’altro. Invece, recuperare la passività di un tempo che – tra virgolette – ti costringe a recuperare il tuo desiderio di maternità, non diluendolo in un tempo infinito.

D. – I figli nascono spesso fuori dal matrimonio: l’Istat lo indica in una cifra di 138 mila bambini, che sono 26 mila in più rispetto al 2008. Anche questo è un segno della mancanza di fiducia nel “per sempre”?

R. – Sì, certamente. L’idea che il matrimonio sia un vincolo troppo pesante a fronte, appunto, di modelli più “light”, più liberi … E anche qui bisognerebbe far capire che è proprio per i figli che occorre che il legame si stabilizzi e abbia un suo riconoscimento sociale.

D. – Quali sono le risposte che la vostra associazione chiede, anche alla politica?

R. – Ma, intanto, noi stiamo preparando per il 2016 una serie di iniziative sia territoriali, sia anche a livello nazionale, per capire “cosa” realmente chiedere alla politica. Perché si fa presto a scaricare sulla politica, che pure ha le sue responsabilità, delle aspettative che devono essere affidate, invece, a una nuova sensibilità del femminile. Secondo me, è qui che bisogna offrire una serie di riflessioni, che sono pre-politiche, prima di gettare la responsabilità completamente sulla politica, che pure ne ha …








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