Ashiq Masih, il marito di Asia Bibi, la donna cristiana pachistana arrestata nel 2009 e in carcere con la falsa accusa di blasfemia, racconta al quotidiano Avvenire le difficoltà che la sua famiglia sta soffrendo e il clima di terrore in cui lui e i suoi figli vivono da quando, nel 2011, la donna è stata condannata a morte dalle autorità pakistane. “Quel giorno hanno condannato anche noi. Siamo stati costretti a fuggire dal nostro paesino nel Punjiab perché considerati la famiglia della blasfema, racconta Ashiq, e trasferirci nella città di Lahore”. Qui però ha incontrato molte difficoltà, sia nel trovare lavoro, sia nel potersi permettere l’affitto di una casa per sé e i suoi cinque figli. Da quando, infatti, dice ad Avvenire, la Corte suprema pakistana ha accettato il ricorso alla sentenza del 2011 che condannava a morte Asia Bibi, la tensione degli estremisti è cresciuta, al punto da fare pressioni, facendo circolare le sue foto, per evitare che gli offrissero un lavoro.
Due figli maschi sono nascosti in un’altra località protetta
Ora Ashiq vive con le sue tre figlie femmine nell’aula di una delle scuole della Renaissance
Education Foundation di Lahore, mentre gli altri due figli maschi sono nascosti in
un’altra località protetta. “E’ brutto uscire solo dopo il tramonto, quando c’è poca
gente - racconta ancora il marito di Asia Bibi- tenere le imposte abbassate per paura
di essere visti dai vicini, evitare di rivolgere la parola alle persone che incontri,
non avere amici. Soprattutto per le ragazze, che sono rimaste con me. Sono giovani,
soffrono tanto la solitudine. Non possiamo, però, lamentarci. Asia sta molto peggio
di noi: è chiusa in una cella da oltre cinque anni. Dobbiamo essere forti anche per
lei».
L'avvocato di Asia Bibi è ottimista per la sua liberazione
C'è anche apprensione per le condizioni della moglie, che è in attesa dell'udienza
finale con sui la Corte suprema dovrà decidere sulla sua scarcerazione. Uno degli
avveocati di Asia Bibi, Khalil Tahrir, si dice ottimista e sottolinea come contro
di lei non ci siano prove del reato per il quale è stata condannata. (E.R.)
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