2015-11-30 13:52:00

Israele sospende contatti con Ue, scontro su prodotti Territori


Israele sospende i contatti diplomatici con le istituzioni Ue e rivede il loro coinvolgimento per quanto riguarda il processo di pace con i palestinesi. La misura è stata formalizzata ieri dal premier israeliano, Benyamin Netanyahu, a quasi tre settimane dalla decisione di Bruxelles di dare avvio alle etichettature dei prodotti degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e sulle Alture del Golan. Congelato anche un incontro su progetti di sviluppo dell'area della Cisgiordania sotto controllo amministrativo e militare israeliano. Marco Guerra ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:

R. - La decisione è dovuta anche ad una reazione - per certi versi - futile, perché il processo di pace da cui l’Unione Europea ora sarebbe esclusa è assolutamente fermo - per non dire morto - e quindi la cosa non ha alcuna rilevanza. Semmai è una reazione politica di ripicca e di rivalsa, che non ha alcun effetto determinato, perché i singoli Paesi mantengono normalissime relazioni con Israele. Da un punto di vista politico il gesto più importante non è stato notato: all’indomani dell’annuncio dell’Unione Europea sull’etichettatura, il presidente della Repubblica Rivlin, che doveva compiere il 2 dicembre una visita al Parlamento Europeo, l’ha annullata. Nella riunione di gabinetto di ieri, Netanyahu, oltre ad annunciare questa misura contro l’Unione Europea, ha rievocato in toni assolutamente positivi la data del 29 novembre 1947, quando l’Assemblea dell’Onu decise la spartizione della Palestina e quindi diede l’avvio al processo che portò alla nascita di uno Stato Ebraico in terra di Israele. Lo ha ricordato in termini molto positivi, ma ha dimenticato che quella stessa mozione creava uno Stato arabo palestinese e addirittura una enclave internazionale per Gerusalemme.

D. – Molti commentatori dicono che è un momento complesso per il governo israeliano…

R. – Stanno perdendo il contatto con la realtà internazionale: Israele è sempre più isolato, anche se ancora i maggiori attori non glielo hanno ufficialmente comunicato. Da un punto di vista interno, il governo è estremamente coerente, perché è tirato interamente a destra dalla componente di Bennet - e non solo - e quindi Netanyahu che ha una maggioranza aggrappata ad un solo voto – 61 seggi su 120 alla Knesset – è assolutamente obbligato a seguire la sua destra estrema.

D. – Israele, però, ha detto che continua a mantenere i contatti diplomatici con i singoli Paesi europei, come Germania, Francia e Gran Bretagna. Ma questo che significa?

R. – Israele non può permettersi di sospendere i rapporti con i grandi Paesi europei e nemmeno con i piccoli! Può solo cercare di introdurre un’artificiale distinzione tra l’Unione Europea e i singoli membri. Distinzione che in alcuni casi c’è, perché non è che tutti i Paesi dell’Unione abbiano una visione univoca sulla questione. Però Bruxelles ha deciso questa misura chiaramente con il consenso di tutti i Paesi interessati: altrimenti non avrebbe potuto farlo…

D. – Ci saranno delle ripercussioni economiche per questa decisione dell’Ue o – come affermano molti analisti – per le aziende dei Territorio cambierà veramente poco?

R. – Per le singole aziende potrebbe anche cambiare parecchio, dipende dalla loro misura di esportazione verso l’Unione. Cambia poco a livello globale, perché nella torta delle esportazioni questa è una fetta relativamente piccola. Certo introduce un principio che potrebbe domani essere allargato e non solo alla merci, ma anche alle persone. Occorrerebbe un’ulteriore decisione, ma se quello che proviene dagli insediamenti - le merci - ha bisogno di una etichetta e di un passaggio anche giuridico di tipo diverso, lo stesso potrebbe essere richiesto a persone che vivono fuori da una linea che non è riconosciuta come israeliana, ma come di là da Israele. Questo tecnicamente è possibile, non so quanto sarà politicamente applicabile...

D. – L’Europa, dal canto suo, continua a dire che è una questione meramente tecnica e non politica…

R. – Io credo che sia una questione tecnica. D’altra parte se noi in Italia vendessimo merci con etichetta italiana, ma si scoprisse poi che le abbiamo comprate in Marocco o in Tunisia, qualche consumatore e anche qualche politico farebbe questa osservazione…








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